A cura di Laura Trovellesi Cesana 
e Maria Annunziata Zegarelli

N. 12/2024. Tutti gli iscritti devono tenere in ogni circostanza comportamenti rispettosi della
deontologia professionale astenendosi da azioni che possono ledere la dignità della persona
pregiudicando il rapporto di fiducia tra cittadini e giornalisti.

Il giornalista ha il dovere di rispettare, in ogni situazione, le norme deontologiche. Condotte non
corrette non solo danneggiano l’immagine dell’Ordine e dei suoi iscritti, ma minano anche la
fiducia del pubblico nella professione di giornalista. Nel caso esaminato l’incolpato aveva scelto
volontariamente di denudarsi nel suo bagno in diretta web mostrando le parti intime assumendo
atteggiamenti sconvenienti, tutto ciò per rispondere agli haters che ripetutamente lo prendevano in
giro per le sue caratteristiche fisiche, alcune delle quali conseguenza di patologie pregresse. Il
giornalista ha il dovere di comportarsi, in qualsiasi circostanza, con la dignità e con il decoro
imposti dalla sua funzione nella società e deve in ogni caso astenersi da condotte, il cui rilievo
deontologico non può dirsi escluso dalla provocazione altrui – nel caso di specie da parte degli
haters – che, al più, può essere tenuta in considerazione ai soli fini della determinazione della
sanzione. L’incolpato avrebbe potuto attivare ben altri strumenti – dalle denunce-querele
(intervenute solo dopo la delibera sanzionatoria) alle altre previsioni di legge contro il body
shaming, alla segnalazione all’organo di disciplina di comportamenti deontologicamente scorretti
tenuti nei suoi riguardi da colleghi giornalisti. La riduzione della sanzione, nel caso esaminato, è
stata determinata dalla tenuta in considerazione del contesto generale nel quale sono maturati i fatti
e in particolare dagli interventi svolti dall’incolpato per impedire l’ulteriore fruizione su internet dei
video contestati e dalle sue scuse avanzate nel corso del procedimento.
C.D.N. 12 settembre 2024, n. 12 – Presidente Elio Donno – Relatore Vincenzo Quaratino. Accolto
parzialmente il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei
Giornalisti dell’Emilia Romagna (ridotta sanzione: da 12 a 8 mesi di sospensione).

N. 13/2024. Nel trattare casi di cronaca come quello di un femminicidio (e di violenza sulle
donne) il giornalista deve attenersi al principio di essenzialità della notizia e di continenza,
facendo attenzione a non alimentare la spettacolarizzazione della violenza ed evitando
espressioni, termini e immagini che sminuiscano la gravità del fatto commesso.

Nel trattare casi di femminicidio (e di violenza sulle donne) il giornalista deve attenersi a quanto
previsto dall’articolo 5-bis del TU dei doveri che vincola il racconto giornalistico ad un “linguaggio
rispettoso, corretto e consapevole” rifacendosi “all’essenzialità della notizia e alla continenza”,
facendo attenzione “a non alimentare la spettacolarizzazione della violenza” ed evitando
“espressioni, termini e immagini che sminuiscano la gravità del fatto commesso”. Il dettato del
citato articolo deve intendersi esteso anche ai familiari più prossimi della vittima la cui dignità e
rispettabilità non possono essere messe in dubbio spettacolarizzando aspetti della loro vita che nulla
hanno a che vedere con il fatto di cui si tratta. Nel caso preso in esame dal Cdn in diversi articoli di
cronaca un giornalista ha descritto abbigliamento e interessi di Elena Cecchettin, sorella di Giulia,
vittima di femminicidio, insinuando che la ragazza indossasse capi di vestiario con simboli satanisti
e raccontando il post pubblicato sui suoi social di un film horror con protagonista un serial killer. È

evidente come tutto ciò non aggiunga elementi essenziali rispetto alla notizia del femmicidio – e
dunque non può avere interesse per il lettore – ma, al contrario, può contribuire a generare
pregiudizi e stereotipi venendo meno al ruolo che il giornalista deve avere presso l’opinione
pubblica quando tratta il tema della violenza sulle donne in quanto donne.
C.D.N. 12 settembre 2024, n. 13 – Presidente Elio Donno – Relatrice Maria Annunziata
Zegarelli. Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine
dei Giornalisti del Lazio (confermata sanzione: censura).

N. 14/2024. Carta di Treviso. Il giornalista non pubblica particolari irrilevanti ai fini della sostanziale
verità dei fatti e non determinanti ai fini dell’interesse pubblico se riguardanti i minori.

Il giornalista non rende noti particolari non rilevanti e non determinanti al fine dell’interesse
pubblico, riguardanti i minori dei quali riferisce nelle sue cronache. Nel caso esaminato l’incolpato
aveva riportato nel suo articolo, riferendosi alla minore, la condizione non nota di figlia adottata e le
tragiche circostanze della morte del padre adottivo, quando non è certamente compito del
giornalista dare conto che la minore è stata adottata, come peraltro stabilisce anche la legge n. 149
del 28 marzo 2001, che all’art. 24 affida ai genitori adottivi tale informazione nei modi e nei termini
più opportuni. Il bilanciamento fra il diritto di cronaca e la tutela dei diritti dei minori va oltre la
delicatezza: deve essere rigoroso. E la regola alla base di tale rigore, nel caso esaminato, doveva
essere l’essenzialità della notizia. Essenzialità cui l’incolpato non si è attenuto. Non sussisteva,
infatti, alcuna situazione tale da legittimare la deroga ai rigidi principi generali posti dalla Carta di
Treviso che l’incolpato, come emerso nel corso del procedimento, ha violato contravvenendo a
quanto richiamato nel punto 8. Le regole deontologiche – bagaglio imprescindibile della
professione giornalistica, della quale costituiscono una sorta di “cassetta degli attrezzi” che si basa
sui principi – esistono proprio per evitare che il singolo giornalista prenda decisioni secondo la
propria discrezionalità. Nello specifico, tutta la giurisprudenza domestica, in ossequio alla Carta di
Treviso, è molto chiara e concorda sul fatto che il minore vada sempre tutelato e che non si possa
metterne in discussione il diritto alla riservatezza, coinvolgendolo in forme di comunicazione che
possano essere lesive dell’armonico sviluppo della sua personalità. Tanto che il giornalista è
chiamato a valutare l’opportunità di pubblicare le notizie in suo possesso a prescindere dalla
presenza del consenso di uno o di entrambi i genitori.
C.D.N. 12 settembre 2024, n. 14 – Presidente Elio Donno – Relatrice Sara Salin.  Respinto il
ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei Giornalisti della
Lombardia (confermata sanzione: avvertimento).

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