Mariangela Gritta Grainer, da sempre a fianco della famiglia di Ilaria Alpi, è stata presidente dell’Associazione Ilaria Alpi, attualmente è presidente di #NoiNonArchiviamo. Quello che segue è il suo contributo nel ricordo di Ilaria e Miran

 

 

Si sa tutto di Ilaria Alpi, della sua morte insieme a Miran Hrovatin il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, ventinove anni fa. Un solo colpo in testa ciascuno, a bruciapelo.
Si sa il perché e chi ha progettato e organizzato l’agguato; chi lo ha eseguito chi lo ha agevolato coperto e chi poi, in tutti questi anni, ha depistato alla grande.

Basta pensare ad Hashi Omar Assan, vero e proprio capro espiatorio, condannato nel 2000, in via definitiva, dalla Procura di Roma a ventisei anni di carcere, innocente. Solo dopo diciassette anni è stato scarcerato “per non aver commesso il fatto”, come sta scritto nella sentenza del tribunale di Perugia del 12 gennaio 2017, stabilendo altresì che l’unico teste d’accusa “il soggetto Ahmed Ali Rage detto Jelle era falso e coinvolto in attività di depistaggio di ampia portata. …Attività di depistaggio che ben possono essere avvalorate dalla modalità della fuga del teste (prima del processo ndr) e dalle sue mancate ricerche …”

Si sa quello che è successo prima di quella domenica di primavera; da quando Monsignor Salvatore Colombo, vescovo di Mogadiscio è assassinato sul sagrato della sua Cattedrale il 9 luglio 1989. Fin dal 1995 risultava, alla Commissione bicamerale d’inchiesta sulla cooperazione, che si era trattato di un’esecuzione, forse collegata anche alle indagini che poi seguirà Ilaria: traffici vari, anche di armi, in contiguità con la cooperazione internazionale. Di certo c’era il suo amore per la popolazione somala, il suo intenso impegno per la pacificazione del paese e per scongiurare la guerra civile che invece ci sarà e sarà feroce.

Dell’ultima missione di Ilaria, la settima in poco più di un anno, si conosce tutto l’itinerario. Anche che a Bosaso è stata minacciata e sequestrata per poco tempo da esponenti di clan locali; che ha intervistato il sultano di Bosaso Mussa Bogor. Dell’intervista ci sono giunti pochi frammenti ma, nel febbraio 2006, dichiarerà alla commissione d’inchiesta:” Ilaria sapeva e voleva conferme sui traffici di armi e rifiuti tossici. … tutti parlavano dei traffici, del trasporto delle armi, dei rifiuti …chi diceva di aver visto … non si vedeva vivo o spariva, in un modo o nell’altro moriva …” Ma la relazione di maggioranza della Commissione non ne tenne conto (come di molte altre dichiarazioni testimonianze e documenti) e confermò la tesi del suo Presidente, avvocato Taormina, annunciata sei mesi prima della fine dei lavori :” Nessun mistero su quelle morti, nessuna indagine scottante svolgevano Ilaria e Miran, erano a Bosaso a prendere un po’ di sole, al mare, in vacanza … si è trattato di un tentativo di sequestro o di rapina finito male”.
Si sa che almeno tre block notes sono stati rubati insieme alla macchina fotografica, a cassette video, al certificato di morte stilato sulla nave Garibaldi.

Si sa che molti soldati dell’ONU sono presenti a Mogadiscio in quei giorni, così come il generale Carmine Fiore, comandante del contingente italiano, il colonnello Luca Rayola Pescarini, responsabile dell’intelligence italiana e il colonnello Fulvio Vezzalini, dell’intelligence di Unosom. Nessuno di loro, nessun militare si reca sul luogo del duplice delitto, come documentato dai filmati dell’ABC e della TV Svizzera nell’immediatezza dell’agguato. Chi ha sostenuto il contrario (come il generale Fiore per esempio) ha mentito: sarà infatti Giancarlo Marocchino, quel chiacchierato imprenditore italiano in Somalia dal 1984, ad arrivare sul posto per primo o forse…era già lì.
Le ultime due telefonate di Ilaria, appena arrivata a Mogadiscio da Bosaso, sono alla madre Luciana e alla Rai a cui annuncerà “cose grosse” per il servizio che non andrà mai in onda.

Conoscere cercare svelare raccontare… non tacere: una sorta di imperativo categorico, una scelta etica che si rintraccia sempre nei lavori di Ilaria, nei racconti che di lei ne hanno fatto Luciana e Giorgio Alpi. Non tacere l’ingiustizia, le violenze, le guerre, le diseguaglianze insopportabili.
Non tacere le ragioni che ne sono causa e che spesso hanno a che fare con affari sporchi, traffici illeciti di ogni tipo organizzati dalle criminalità mafiose “coperte e/o aiutate” dai diversi poteri pubblici e privati.
Per questo Ilaria è stata assassinata insieme a Miran Hrovatin: un’esecuzione preordinata e ben organizzata perché lei tacesse per sempre e non potesse più raccontare ….

Purtroppo dopo di lei sono tantissime le giornaliste e i giornalisti che sono stati sequestrati/e assassinate/i perché erano giornaliste/i.
Il Premio Nobel Per la Pace nel 2021 è stato assegnato, per la prima volta, a due giornalisti: la filippina Maria Ressa e il russo Dmitrij Muratov. La motivazione:
“Per i loro sforzi per salvaguardare la libertà di espressione, che è una precondizione per la democrazia e una pace duratura. Maria Ressa e Dmitry Muratov ricevono questo premio per la loro coraggiosa lotta per la libertà di espressione nelle Filippine e in Russia. Allo stesso tempo, loro rappresentano tutti i giornalisti che si sono impegnati e si impegnano per questo ideale in un mondo in cui la democrazia e la libertà di stampa devono affrontare condizioni avverse in aumento”.

Ricordiamo che Muratov aveva dedicato il premio ai sei giornalisti di “Novaya Gazeta” uccisi dal 2000, come Anna Politkovskaya nel 2007; che la Gazeta, il giornale di due Nobel per la pace, (Mikhail Gorbaciov lo aveva cofondato nel ’93), è stata chiusa, con un atto repressivo della libertà di stampa, dal Cremlino; che nel giugno 2022 la medaglia del Nobel fu venduta all’asta a New York per 103,5 milioni di dollari che Muratov impegnerà in aiuto ai bambini ucraini sfollati.

Il 20 marzo 2019, a venticinque anni dall’assassinio di Ilaria e Miran, durante un incontro solenne presso la Camera dei Deputati alla presenza di autorità istituzionali della Repubblica, ci siamo chiesti e abbiamo chiesto:
Cosa mai deve succedere ancora, dopo la sentenza di Perugia, per avere verità e giustizia?
Anche la terza richiesta di archiviazione sulla morte di Ilaria e Miran è stata respinta.
Niente altro si sa dalla Procura di Roma, dopo cinque anni.

Una novità c’è, negativa: Hashi Omar Hassan è stato assassinato il 6 giugno 2022 a Mogadiscio. Una bomba è esplosa nella macchina in cui viaggiava. Presumibilmente era andato a trovare la sua famiglia ma qualcuno sapeva … Non potrà più raccontare la sua storia. “L’assassinio di Hashi si colloca dentro una “lunghissima scia di persone che hanno avuto a che fare con la tragica storia di Ilaria e Miran. Che sono morte, assassinate o in circostanze non limpide”, come abbiamo raccontato in più occasioni.

Questa morte di Hashi ci addolora profondamente; doveva scuotere le autorità che hanno il compito di arrivare a giustizia e verità su chi ha ucciso Ilaria e Miran, esecutori, mandanti e depistatori. Non lo hanno fatto fino ad ora.
Lo faranno per Hashi che è stato due volte vittima nel nostro Paese?
Noi confermiamo quanto abbiamo sostenuto quel 20 marzo 2019.
È necessario che non sia più la Procura di Roma a occuparsi di questa tragedia, dopo ventinove anni. In ogni caso #NoiNonArchiviamo
Di Ilaria e della sua Somalia sono stati fatti racconti con diversi linguaggi: musica cinema scrittura poesia teatro inchieste giornalistiche; espressioni artistiche come la fotografia il disegno la pittura il fumetto i video. Molte scuole, biblioteche, vie, parchi sono intitolati a lei.
Ci raccontano come era Ilaria e perché “vive” in mezzo a noi.

Non ho intenzione di rivelare niente post mortem!
Il fatto vero e che mi appassiona ancora tanto, è dare
indicazioni su come esercitare la mia professione reporter
a chi volesse farlo, con onestà e coerenza.
“fate in modo che più nessuno debba morire come me perché ho cercato la verità e anche di raccontarla”.
… …
Serve solo che altri ragazzi non muoiano, che non siano cancellati da voi che volete solo coprire nefandezze.
Dovete credere alle parole di Ilaria Alpi
Sennò l’avrete uccisa per niente
E Ilaria si costituisce parte civile, ora.

(Dal monologo “Faceva caldo …Io ero Ilaria Alpi” di Mila Moretti)

 

 

 

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