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Introduzione
Carlo Bartoli
Giornalista, presidente Consiglio Nazionale Ordine Giornalisti
Siamo di fronte a tendenze globali che sembrano irreversibili per quanto riguarda il sistema dei media: calo delle vendite dei giornali, sia in carta che digitali, calo dei lettori, venir meno della fiducia nei giornalisti. Uno scenario cupo determinato dall’affermarsi del web, dei social media e, oggi, dell’intelligenza artificiale.
In questo mare in tempesta si vedono delle luci, passando dagli scenari statunitensi, molto più avanzati, a quelli europei, dove si riscontra un permanere degli ascolti dell’informazione televisiva, una resistenza della fiducia nelle testate giornalistiche più autorevoli, pur registrando ancora una tendenza alla riduzione degli spazi per il giornalismo nelle sue forme classiche.
Il mondo dell’informazione digitale è in continua evoluzione, e proprio per avere dati, analisi, riflessioni e suggerimenti il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha promosso l’Osservatorio sul giornalismo digitale. Un “think tank” utile ed importante non solo per mettere a fuoco a grandi linee le tendenze dell’informazione professionale, ma anche per approfondire aspetti specifici per elaborare proposte e interventi nell’interesse non solo della categoria, ma di tutti i cittadini. Perché la funzione costituzionale dei giornalisti è quella di garantire il diritto di tutti ad essere correttamente informati.
Grazie al lavoro dell’Osservatorio, giunto al suo terzo report annuale, possiamo esplorare aree particolari dell’ecosistema digitale, come ad esempio l’evoluzione dei social media, che si allontanano sempre di più dall’informazione (il rimbalzo di Facebook sui siti giornalistici è calato, come scrive De Biase, del 67%; del 50% quello di X); oppure la problematicità degli accordi e le vertenze legali fra editori e società di IA.
E il giornalismo in tutto questo? È esattamente il tema di questo terzo rapporto, cercare di individuare la collocazione del giornalismo, sempre più compresso dalle grandi piattaforme digitali. Nonostante tutto il giornalismo c’è, resiste e continuerà ad esistere; a patto di rinnovarsi mantenendo salde le proprie radici e i suoi valori fondamentali. Appiattirsi sul linguaggio del web, allinearsi ai social, si è rivelato inutile e controproducente ed ha impoverito ampi settori della professione. Lo stesso vale per l’Intelligenza artificiale: demonizzare o farsi fagocitare da essa (con la sostituzione degli umani nella produzione delle notizie) vuol dire o rinchiudersi in una torre d’avorio e andare verso l’estinzione oppure sparire per irrilevanza.
Fortunatamente così non è stato durante tutte le evoluzioni tecnologiche che la professione ha attraversato: dal caldo al freddo, dalla macchina da scrivere ai computer e poi al digitale.
L’importante è cercare di comprendere cosa accade attorno a noi e individuare i percorsi più adatti affinché l’informazione professionale – libera, autonoma e indipendente – prosegua ad esercitare il suo ruolo vitale per la democrazia.
Serve quindi un impegno costante di analisi, aggiornamento e innovazione del modo di fare giornalismo, restando ancorati alla nostra etica e rispettando i cardini della deontologia. Ci aiuta un quadro normativo europeo che negli ultimi tre anni ha visto importanti interventi come il Media Freedom Act, il Digital Service Act, l’AI Act, che descrivono importanti quadri regolatori entro cui indirizzare lo sviluppo digitale e tutelare il pluralismo dei media e la libertà di stampa.
Tutto questo stride, però, con le norme antiquate che, in Italia, tengono i giornalisti ancorati all’età della pietra, dove per aggiornare un esame professionale, per passare dalla biro al computer, occorre una legge dello Stato. È solo un piccolo esempio di una legislazione ormai insostenibile. Per la prima volta, nei suoi oltre sessanta anni di vita, il Consiglio nazionale, nel luglio 2023, ha varato alla unanimità una proposta di riforma della professione. Una proposta che individua un percorso che punta sulla qualità del giornalismo, sull’innovazione e sulla semplificazione delle procedure. In questa prospettiva l’Ordine ha anche varato il nuovo Codice deontologico, più agile e snello, che introduce, fra molte novità, un passaggio specifico sulla trasparenza e la centralità del controllo del giornalista nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Se vogliamo che il giornalismo si adegui abbiamo bisogno che si adeguino anche le norme. Se siamo tutti d’accordo che il giornalismo assicura una funzione costituzionale al servizio dei cittadini, allora governo e Parlamento devono dare il loro contributo per mettere il giornalismo nelle condizioni di essere al passo dei tempi, non essere travolto da processi guidati da altri, e svolgere il proprio ruolo a testa alta, con impegno e autonomia, nel rispetto dei valori della nostra Costituzione repubblicana e guardando al futuro nell’interesse del Paese.
CARLO BARTOLI
Carlo Bartoli, giornalista professionista, è presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Murialdi per il giornalismo.
Insegna Comunicazione giornalistica presso il dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Univesità di Pisa.
Ha scritto il libro “Introduzione al giornalismo” e “L’ultimo tabù”, un libro che indaga le modalità con cui media,bloggers e utenti dei social media comunicano e commentano i suicidi ed ha contribuito al volume “Etiche applicate” a cura di Adriano Fabris.
Dal 2010 al 2021 è stato presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana e dal 2018 al 2021 presidente della Fondazione dell’Odg toscano. Per due mandati è stato consigliere generale dell’lnpgi. In precedenza presidente dell ‘ Associazione stampa toscana (2001-2006) e componente del consiglio nazionale della Federazione nazionale della stampa e della Commissione contratto.
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