L’improvvisa scomparsa di Gianni Mura, firma storica di Repubblica, aggiunge al lutto per le vittime del coronavirus il dolore della comunità dei giornalisti per la perdita di una grande collega, rappresentativo della cultura sportiva.
Mura è stato, per tanti, un maestro e un punto di riferimento nel mondo dell’informazione, per le sue doti umane e professionali.
Esprimo il cordoglio di tutto il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.
Lo afferma il presidente Carlo Verna.
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IL RICORDO DEL SEGRETARIO DEL CNOG GUIDO D’UBALDO
E’ scomparso Gianni Mura, maestro di tanti giornalisti sportivi e non solo. Allievo di Gianni Brera, dal quale ereditò il ruolo di prima firma nelle pagine sportive di Repubblica e la storica macchina da scrivere, è stato uno dei giornalisti di punta del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Ha scritto pagine memorabili sul Tour del France, sui Mondiali e gli Europei di calcio e sulle Olimpiadi. Fu invitato a scrivere su Repubblica dal primo vero capo dello sport, Mario Sconcerti. Le sue rubriche più celebri erano “Sette giorni di cattivi pensieri”, il commento al campionato e l’intervista al campionato, nella quale faceva finta di intervistare una palla di lardo, anziché la sfera di cuoio. Una parodia sagace e brillante.
Era amante della buona cucina, preferiva quella povera, a base di maiale. E’ stato uno dei più qualificati esperti di vini in Italia e curava con la moglie la rubrica dei ristoranti sul Venerdì. Come il suo maestro Brera, è stato capostipite di uno stile giornalistico moderno e innovativo. Avrà seguito mille partite e arrivava allo stadio sempre molto presto. «Apriva i cancelli», dicevano con rispetto i suoi colleghi. Ingannava la lunga attesa con interminabili partite a scopetta o a briscola. Era famoso perché la domenica dopo le partite andava nei locali preferiti e la cena si concludeva all’alba con sfide a carte o di mnemonica, facendo a gara con colleghi selezionati nel citare calciatori, cantanti e politici. I suoi compagni di viaggio preferiti erano Ludovico Maradei, Roberto Beccantini (che apriva gli stadi con lui…), Gianfranco Teotino, Giuseppe Pistilli, Alberto Marchesi e Alfonso Fumarola.
Nel mezzo della sua carriera a Repubblica, con Fabrizio Bocca capo dello sport, si inventò un’altra rubrica di successo, i cento nomi dell’anno, divisa in tre puntate. I più grandi personaggi, non solo del calcio, avrebbero fatto carte false per finire nel lungo elenco.
Agli amici ristoratori suggeriva la lista dei vini, o addirittura la correggeva. Tra i personaggi del mondo del calcio uno dei suoi grandi amici è stato Giovanni Galeone, con il quale ha condiviso i piaceri della tavola e la passione per le carte o per gli anagrammi. La televisione non è mai stata la sua passione, ha fatto qualche comparsata, quasi controvoglia. Ha scritto diversi romanzi, ha cominciato tardi a trasferire il suo talento nei libri.
Ho avuto l’onore di conoscerlo meglio durante l’Europeo del 2004. Con l’amico Gianluca Moresco andavamo a cena nelle trattorie di bacalao. Conosceva le migliori, anche quelle che non erano sulle guide. Una sera diedi un parere su un vino. Alla fine, prima dei saluti disse a Moresco: «quando andate a cena insieme, fai scegliere a lui la bottiglia». E’ stato un grande onore incrociarlo nella mia carriera. Che la terra ti sia lieve, Gianni.