Minacciare di morte una giornalista non è reato se a farlo è uno spacciatore o un tossicodipendente in una zona degradata dove sarebbe stato meglio non andare con una telecamera.
Stupiscono le motivazioni con cui la procura di Vicenza ha chiesto l’archiviazione del fascicolo aperto in relazione all’episodio di cui è stata vittima lo scorso ottobre una cronista di Tva Vicenza, Martina Mazzaro, inseguita da un giovane che credeva di essere stato ripreso e che l’ha minacciata di spaccarle la testa.
“Nel caso di specie appare necessario contestualizzare il comportamento dell’indagato, al luogo – contesto assai noto per la frequentazione di spacciatori e tossicodipendenti -, alle proprie condizioni psico-fisiche ed alla propria condizione sociale. E’ quindi evidente che in un luogo socialmente cosi complicato, l’utilizzo di una telecamera possa innescare reazioni incontrollate che fanno dubitare della sussistenza dell’elemento psicologico del reato”, si legge nel provvedimento della procura di Vicenza. Secondo la quale, evidentemente, i giornalisti non possono esercitare il diritto dovere di informare lavorando “sul campo”, anche e soprattutto nelle zone a rischio. E se lo fanno possono essere tranquillamente minacciati di morte.
L’Ordine nazionale dei giornalisti, assieme Fnsi, Ordine e Sindacato regionale del Veneto protestano per un provvedimento che ritengono contrario al diritto, ed esprimono la propria vicinanza alla collega minacciata, confermando l’impegno a tutela di tutti i giornalisti che quotidianamente lavorano per fornire un’informazione corretta, puntuale e completa ai cittadini.
(foto fermo immagine tratta dal video con l’uomo che rincorre la giornalista @sindacatogiornalistiveneto)