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Ordine dei Giornalisti - Consiglio Nazionale
12/11/2022
A Trento per i 50 anni dell’Ordine regionale: “La professione ha subito un mutamento epocale. Dobbiamo difenderne i principi non le forme”
“Se il Parlamento non prende atto del mutamento epocale della professione e non la riporta al centro della propria attenzione, sarà un disastro”. Così Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, aprendo la seconda giornata della due giorni dedicata ai 50 anni dell’Ordine dei giornalisti del Trentino-Alto Adige.
“Un momento che si sovrappone a quello che avremo fra pochi mesi, quando verranno ricordati i 60 anni dell’istituzione dell’Ordine nazionale dei giornalisti“, ha detto Bartoli. “Avrei un suggerimento di modifica di un titolo del panel, ‘Chi saremo?’. Aggiungerei ‘Se ci saremo’. Può essere uno stimolo a riflettere su quelli che saranno gli scenari futuri e che ruolo ci sarà per il giornalismo. Adesso stiamo svolgendo un ruolo meno centrale rispetto a vent’anni fa, quando eravamo i guardiani delle porte. E allora ci dobbiamo porre degli interrogativi, dobbiamo capire come rappresentare una presenza di informazione di qualità, certificata e affidabile. Non è tempo “di piccole revisioni-ha aggiunto- Dobbiamo capire se vogliamo essere i rappresentanti di una casta destinata a scomparire. Io non voglio assistere a questo scenario. Non possiamo difendere l’esistente. Dobbiamo difendere i principi della professione, non le forme”. Bartoli ha sottolineato quindi come “informazione e dati” siano un settore strategico per il futuro della professione, non negando gli errori commessi in alcuni casi dai professionisti dell’informazione.
Bartoli nel corso del suo intervento ha ricordato anche “la violazione quotidiana della presunzione di innocenza, quella vera, che fa vittime. Non voglio chiamare in causa in questa sede quello sciagurato programma televisivo che è salito alla ribalta delle cronache proprio nei giorni scorsi” riferendosi alle “Iene” e all’indagine aperta dalla procura della Repubblica di Forlì con l’ipotesi di reato di istigazione al suicidio, per la morte di un 64enne, avvenuta pochi giorni dopo dall’episodio del programma in cui compariva.
Bartoli ha anche ribadito che occorre riconoscere il titolo a chi fa giornalismo: “Il consiglio nazionale si è mosso in attesa della riforma del Parlamento. L’innovazione che abbiamo proposto come Consiglio nazionale- ha spiegato Bartoli in un’intervista all’ Ansa a margine del suo intervento – è quella di permettere l’accesso alla professione anche a coloro che fanno giornalismo sulle nuove piattaforme e sui nuovi canali di comunicazione, e quindi di riconoscere il titolo di giornalista a chi fa effettivamente giornalismo. L’8 novembre il Consiglio nazionale ha varato a maggioranza una norma che consente, in via eccezionale e su casi specifici, l’avvio del praticantato anche in assenza di una testata e di un direttore responsabile; una revisione delle linee interpretative dell’articolo 34 della legge 69/1963. Questo permetterà, a nostro avviso, di dare una dimensione giuridica, un riconoscimento, una tutela, ma anche obblighi deontologici a coloro che fanno giornalismo sulle nuove piattaforme. Penso ai videomaker che sono in Ucraina, penso ai social media manager, penso agli uffici stampa, perché oggi la legge attuale non permette a un collega che lavora in un ufficio stampa di accedere direttamente all’iscrizione all’albo: lo può fare solo per il tramite di una testata. Quindi, in attesa di una riforma organica che il Parlamento deve fare e che da più di vent’anni è sollecitato a fare, ci siamo organizzati per cercare di adeguare ai tempi mutati l’accesso alla professione”.
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