Bologna: una targa per ricordare Graziella Fava vittima di un attacco terroristico incendiario - Ordine Dei GiornalistiOrdine Dei Giornalisti
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Bologna: una targa per ricordare Graziella Fava vittima di un attacco terroristico incendiario
15/03/2024
Una lapide per Graziella Fava nel 45° anniversario dell’uccisione. Cerimonia commemorativa e svelamento della nuova “stele cittadina” in via San Giorgio 6 a Bologna
È stata scoperta nella tarda mattinata di mercoledì 13 marzo 2024 la nuova lapide dedicata a Graziella Fava, posta a Bologna in via San Giorgio numero 6, ex sede di ASEM – Associazione Stampa Emilia-Romagna e Marche, bersaglio dell’attentato incendiario del 13 marzo 1979 in cui la domestica quarantanovenne perse la vita in modo fortuito. L’auspicio di collocare una “insegna commemorativa” in ricordo di Graziella Fava proprio nel luogo dove è avvenuto l’atto terroristico era stato espresso durante la celebrazione dello scorso anno dai presidenti di Aser – Associazione Stampa Emilia-Romagna e Ordine dei Giornalisti Emilia-Romagna insieme ai rappresentanti del Comune di Bologna e della Regione Emilia-Romagna e al figlio della vittima.
Oggi il desiderio di familiari, giornalisti e istituzioni si è concretizzato e al civico numero 6 di via San Giorgio, nel cuore di Bologna, campeggia una “lapide pubblica” che esorta tutti a non dimenticare quel grave evento e pure a ricordare che la libertà di informazione non riguarda solo la stampa ma è un bene collettivo a garanzia della vita democratica.
All’evento hanno partecipato Emilio e Graziella Baravelli (nata pochi mesi dopo l’attentato), il presidente dell’Associazione Stampa Emilia-Romagna Paolo Maria Amadasi, il presidente dell’Ordine regionale dei Giornalisti Silvestro Ramunno, il vicepresidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti Angelo Baiguini, il sottosegretario alla Presidenza di Giunta della Regione Emilia-Romagna Davide Baruffi, l’assessore a Comunicazione e innovazione digitale Massimo Bugani, che in vece del Sindaco di Bologna ha scoperto la lapide, Silvia Zamboni (vicepresidente Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna), Claudio Cumani (presidente regionale Unione Nazionale Giornalisti Pensionati e componente Consiglio d’amministrazione di Casagit Salute), Lorenzo Cipriani (presidente Quartiere Porto Saragozza di Bologna), Giovanni Rossi (consigliere nazionale e past president Fnsi, già presidente OdG regionale), Barbara Musiani (vicepresidente Associazione Stampa Emilia-Romagna), Serena Bersani, (consigliera OdG regionale e presidente nazionale di GiULiA Giornaliste), Gabriella Zucchi (componente Direttivo Aser).
Di seguito pubblichiamo l’articolo scritto da Giuseppe Nuzzi (allievo del Master di Giornalismo di Bologna)
«Posso solo ringraziarvi per aver fatto sì che, dopo 45 anni, ci si ricordi ancora di Graziella Fava», dice il figlio Emilio Baravelli prima che la sua voce si rompa in un pianto di commozione. Era il 13 marzo 1979 quando sua madre Graziella morì in seguito a un attacco di tre terroristi del gruppo di estrema sinistra Gatti Selvaggi, che incendiarono la sede dell’Associazione stampa Emilia-Romagna e Marche (Asem), il sindacato regionale dei giornalisti, in via San Giorgio 6. È passato molto tempo, ma la città di Bologna sceglie ancora una volta di ricordare una delle tante vittime della violenza di quegli anni. Lo fa con una targa commemorativa, scoperta oggi proprio in quella vecchia sede, alla presenza delle autorità e di numerosi giornalisti.
«È un cerchio che si chiude, anche se non del tutto – sottolinea Silvestro Ramunno, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna –. Non sappiamo ancora chi siano i colpevoli di quell’atto vile». Questo, in ogni caso, è un «abbraccio simbolico ma fortemente sentito dalla città e dall’Amministrazione», come ribadisce Massimo Bugani, assessore alla Comunicazione.
Un risultato, quello della targa, da attribuire al lavoro sinergico dell’Associazione stampa Emilia-Romagna e dell’Ordine dei giornalisti, che esattamente un anno fa si erano ripromessi di fare, ancora una volta, un tributo alla donna. La storia di Graziella Fava, forse poco conosciuta rispetto ad attentati più rumorosi, «è una lacuna che oggi può iniziare a essere colmata», dice il presidente Aser Paolo Maria Amadasi. L’ennesima ferita della Bologna degli anni Settanta e Ottanta, forse destinata a rimanere aperta, perché i tre colpevoli non sono mai stati individuati.
All’interno del sindacato si trovavano un impiegato e la vedova di un giornalista, che era lì per chiedere alcune informazioni. I tre terroristi – due uomini e una donna – li rinchiusero in uno stanzino, prima di lanciare una bomba al fosforo che incendiò il sindacato. I vigili del fuoco riuscirono a trarre in salvo le due persone nel sindacato, ma nel frattempo il fumo aveva invaso il piano superiore. Qui, la cinquantenne Graziella Fava era riuscita a mettere in salvo la donna 82enne che accudiva e sua figlia, ma non era riuscita a scappare in tempo da quel pianerottolo dove respirare era ormai impossibile.
La città, però, la ricorda ancora. Lo faceva già con il giardino Fava, in via Milazzo, che in futuro ospiterà anche un memoriale con qr code per fare scoprire ai curiosi la figura della donna, legata non solo all’attentato terroristico, ma prima ancora al suo lavoro di cura, lo stesso che oggi molte donne continuano a ricoprire, spesso con scarsa considerazione da parte degli altri.
L’attacco del ’79 si inserisce in un più generale attacco alla stampa e alla libertà di stampa – «perché solo con la stampa libera e una cittadinanza informata può esserci democrazia», ricorda Ramunno – che vide a Bologna coinvolti, solo pochi giorni dopo, altri due giornalisti, Eneide Onofri dell’Avanti e Gian Luigi Degli Esposti del il Resto del Carlino, fortunatamente rimasti illesi.
«Allora c’erano i partiti, c’erano le associazioni – dice Davide Baruffi, sottosegretario alla presidenza della Regione – mentre adesso siamo più deboli ad attacchi di questo tipo. La storia ha bisogno di buoni scolari – conclude – ed è quello che stiamo provando a fare oggi».
E infatti quella targa, alla quale alcune persone già oggi guardano con commozione, come una pietra d’inciampo continuerà a ricordare ai passanti la storia di Graziella. (Giuseppe Nuzzi)