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Ordine dei Giornalisti - Consiglio Nazionale
26/07/2022
A cura di Laura Trovellesi Cesana
e Maria Annunziata Zegarelli
Non può essere sanzionato il direttore che dia il via libera a un articolo e a un titolo che contengano la parola “terrone” se nel senso generale dello scritto non vi è intento offensivo e si identifica piuttosto una mera provenienza geografica (il Sud del Paese). La stessa Accademia della Crusca, in una lunga descrizione del termine “terrone” e delle sue possibili origini, spiega: “Si possono sostenere due ipotesi: la prima è che il vocabolo venisse usato con il valore di contadino, senza una connotazione marcatamente negativa, e dunque utilizzato per rivolgersi agli emigrati dal Sud in quanto lavoratori agricoli; la seconda è che la parola terrone fosse già in uso nelle regioni del nord Italia con connotazione negativa e dunque l’appellativo sarebbe nato come insulto rivolto a chi assumeva un comportamento rozzo riconosciuto tipico dei contadini. Dal frequente uso sono nate parole derivate da terrone; Bruno Migliorini, ancora nel suo Parole e storia, ci informa che durante la seconda guerra mondiale a Trento si coniò persino Terronia per indicare l’Italia meridionale, principale fornitrice di burocrati e di poliziotti. (…) Oggi la parola terrone sta avendo una “rivalutazione” in senso positivo. Questo cambio di rotta è riscontrabile nell’uso che il sostantivo ha nelle varie pagine social, curate dagli studenti meridionali che vivono nel settentrione d’Italia, i quali ironizzano sugli stereotipi che negli anni passati hanno nutrito diffidenza e razzismo così da favorire un reale uso scherzoso della parola terrone e dei suoi derivati”. Per tale motivo non è stata ritenuta dal Cdn una espressione lesiva della dignità dei cittadini dell’Italia meridionale, né tantomeno dei rappresentanti delle istituzioni citati nell’articolo e dunque non è stata ritenuto configurabile il non rispetto della continenza e dell’articolo 2 lett. b) del Testo Unico dei doveri del giornalista.
C.D.N. 13 luglio 2022, n. 18 – Vicepresidente/relatrice Maria Annunziata Zegarelli – Accolto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia (annullato avvertimento)
La mancata formalizzazione dello status giuridico non solleva il giornalista dal garantire al migrante tutte le tutele previste dall’ordinamento per i richiedenti protezione, compresa quella di non essere esposti con la loro identificazione a rischi gravissimi di persecuzione e danni, oltre a violarne il diritto alla riservatezza. Il giornalista, infatti, ha il dovere di tutelare l’identità della persona, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle vittime della tratta e dei migranti che pur accettano di esporsi ai media. Nel caso esaminato, l’incolpato aveva pubblicato nome, cognome, età e nazionalità di due migranti in navigazione, ritenendo che non avessero diritto all’anonimato in quanto non formalmente richiedenti asilo – non erano ancora sbarcati in Europa – e, nonostante l’assenza di tale status avevano dato mandato a un legale di ricorrere presso la Corte europea dei diritti umani in loro favore, contattandolo prima del loro approdo in un porto sicuro (peraltro mai avvenuto come riportato nell’articolo). Quanto contenuto negli atti giudiziari non giustifica, infatti, la diffusione delle generalità dei ricorrenti, dovendo il cronista fare un bilanciamento tra più diritti tutelati in egual misura nell’ordinamento. I dati personali pubblicati sono risultati pertanto non solo irrilevanti ai fini della notizia e del disvelamento del meccanismo al centro dell’inchiesta ma il giornalista nella sua cronaca non poteva legittimamente attribuire ai due migranti citati un loro un ruolo specifico nella vicenda.
C.D.N. 13 luglio 2022, n. 19 – Vicepresidente Maria Annunziata Zegarelli – Relatrice Laura Trovellesi Cesana – Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Basilicata (sanzione: censura)
Un giornalista nello svolgimento della professione deve tenere presenti le Carte deontologiche e i valori a cui sono ispirate. Una di queste, la Carta di Treviso (Allegato 2 del Testo unico dei doveri del giornalista) è dedicata al tema del trattamento delle notizie che coinvolgono un minorenne, il cui principio fondamentale è quello dell’anonimizzazione di tutti i riferimenti riguardanti il bambino e/o il ragazzo non diciottenne. Questi che deve essere tutelato anche quando è protagonista di fatti non di cronaca che lo vedono coinvolto, a maggior ragione dev’essere protetto quando è vittima di violenza sessuale, di abusi o è coinvolto in un fatto di cronaca (v. punti 2 e 3). Nel caso esaminato dal Cdn un giornalista ha scritto due articoli riguardanti un fatto di cronaca che vedeva coinvolta quale vittima di abusi sessuali una minore. Il giornalista, oltre ad aver omesso particolari che potevano indurre all’identificazione della minore, ha usato termini che puntavano a colpevolizzare la stessa in quanto bella e dall’aspetto di una donna più grande. La Carta di Treviso, invece, punta alla tutela anche e soprattutto psico-fisica dei minori non solo nell’immediatezza del fatto ma anche nel tempo a venire soprattutto alla luce di una informazione che attraverso internet e i social rende “perenne” una notizia e dunque un fatto avvenuto in età adolescenziale può arrecare conseguenze gravi per il soggetto interessato anche anni dopo se il suo anonimato non viene preservato. Inoltre, quando si tratta di minori va sempre rispettato il principio dell’essenzialità dell’informazione che, invece, nel caso in esame, è stato ignorato, avendo il giornalista fornito particolari pruriginosi sull’incontro tra la minore e l’uomo poi arrestato, dimenticando che al centro del fatto di cronaca c’è una minore. Un approccio alla notizia e al ruolo che dovrebbe svolgere un organo di informazione che lede gravemente il decoro e la dignità della professione, richiamati dall’articolo 48 della legge istitutiva della categoria.
C.D.N. 13 luglio 2022, n. 20 – Vicepresidente/relatrice Maria Annunziata Zegarelli – Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti delle Marche (sanzione: radiazione).
La circostanza che una minorenne, figlia di personaggi pubblici, abbia un profilo social o che i suoi genitori pubblichino le sue immagini nei rispettivi profili non solo non la rende certamente un personaggio pubblico, ma tali elementi non consentono al giornalista di superare le tutele che la Carta di Treviso impone. A maggior ragione se, come nel caso esaminato, la foto di una tredicenne, in costume da bagno, ritratta in una postura che ne evidenzia le caratteristiche fisiche, al fine di mostrarla nelle fattezze gemella alla madre, nota showgirl, viene pubblicata nella copertina di un noto settimanale, spazio che nella confezione di una rivista funge soprattutto da richiamo. Per di più la scelta di pixellare il volto per non rendere l’appena adolescente riconoscibile ha reso la fisicità della giovane, fissata da uno scatto in una particolare postura, un indubbio elemento di richiamo, quando la rappresentazione del corpo femminile deve rifuggire sempre da stereotipi e banalizzazioni. La riduzione della sanzione va ricondotta alla buona fede dell’incolpata che nell’immediato aveva precisato pubblicamente il suo intendimento e aveva direttamente interloquito con i genitori della minore scusandosi per il travisamento di un messaggio che voleva essere totalmente opposto a quello rappresentato nella copertina, come dimostrato dal servizio pubblicato all’interno della rivista con la finalità di dare conto delle vacanze estive dell’intera famiglia della giovane.
C.D.N. 13 luglio 2022, n. 21 – Vicepresidente Maria Annunziata Zegarelli – Relatrice Laura Trovellesi Cesana – Accolto parzialmente il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia (ridotta sanzione: da censura a avvertimento).
Il giornalista ha sempre l’obbligo della verifica dei fatti ed è pertanto sanzionabile se vi rinuncia in ragione della presunzione di ritenere quanto già pubblicato da un altro media un elemento fattuale. Nel caso esaminato l’incolpato nel corso di una trasmissione televisiva da lui condotta aveva commentato una notizia attinta da un’altra testata senza procedere ad alcuna verifica sulla fonte, basandosi esclusivamente sulla presunta attendibilità di quanto narrato da un articolo di un quotidiano e deducendone, in modo errato, il fatto. Il giornalista se avesse proceduto, invece, a un’attenta verifica avrebbe avuto contezza della complessità della vicenda che, peraltro, nel corso del procedimento ha dimostrato di non conoscere. Inoltre, la semplice constatazione che i social network postavano l’articolo pubblicato dal quotidiano e che sulle medesime piattaforme non fossero presenti dichiarazioni nel merito non può essere considerata una verifica. L’incolpato, dunque, venendo meno al suo dovere, ha imbastito, su una ricostruzione errata, un commento offensivo per le persone chiamate direttamente e ingiustamente in causa.
C.D.N. 13 luglio 2022, n. 22 – Vice Presidente Maria Annunziata Zegarelli – Relatrice Sara Salin – Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti del Lazio (sanzione: censura).
Un giornalista, a prescindere dal tipo di contratto di collaborazione che ha stipulato con un editore, è tenuto all’osservanza delle norme deontologiche e all’art. 2 lettera d) del Testo unico dei doveri del giornalista, che recita “il giornalista accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla deontologia professionale”. Dunque, se il giornalista che conduce un programma Tv ritiene che in una trasmissione la gerarchia redazionale stia imponendo comportamenti contrari al codice deontologico ha tutto il diritto di rifiutarsi di eseguire quanto disposto. Quando si tratta, inoltre, un caso di cronaca che vede indagate o imputate delle persone protagoniste dei fatti che si stanno raccontando, deve essere sempre sottolineata la presunzione di innocenza tantopiù se le parti in oggetto, i loro famigliari o il loro legale non sono presenti. Il conduttore, quindi, ha il diritto-dovere di spiegare ai telespettatori che quella a cui stanno assistendo è una versione dei fatti. Questo principio va sempre rispettato nello svolgimento di una professione che ha come fondamento la corretta e trasparente informazione, così come previsto dall’articolo 8 del Testo Unico secondo cui il giornalista: «a) rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza. In caso di assoluzione o proscioglimento, ne dà notizia sempre con appropriato rilievo e aggiorna quanto pubblicato precedentemente, in special modo per quanto riguarda le testate online (…); d) nelle trasmissioni televisive rispetta il principio del contraddittorio delle tesi, assicurando la presenza e la pari opportunità nel confronto dialettico tra i soggetti che le sostengono – comunque diversi dalle parti che si confrontano nel processo – garantendo il principio di buona fede e continenza nella corretta ricostruzione degli avvenimenti; e) cura che risultino chiare le differenze fra documentazione e rappresentazione, fra cronaca e commento, fra indagato, imputato e condannato, fra pubblico ministero e giudice, fra accusa e difesa, fra carattere non definitivo e definitivo dei provvedimenti e delle decisioni nell’evoluzione delle fasi e dei gradi dei procedimenti e dei giudizi».
C.D.N. 13 luglio 2022, n. 23 – Vicepresidente/relatrice Maria Annunziata Zegarelli – Accolto parzialmente il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti del Veneto (ridotta sanzione: da 3 mesi di sospensione a censura).
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