immagine realizzata con IA Midjourney

REPORT 2024

Giornalismo e intelligenza artificiale: aspetti giuridici e normativi

Deborah Bianchi
Avvocato in diritto dell’internet

Data l’ampiezza della trattazione, il testo è stato suddiviso in capitoli collegati ai pulsanti qui sotto.

LA DISINTERMEDIAZIONE

GenAI. Disintermediazione contro libertà di stampa
GenAI divora le notizie della stampa predate on line, si addestra e poi restituisce degli outputs di “informazioni”. L’iniziativa “Chat GPT Is Eating the World[1] documenta concretamente questa situazione rendendo disponibile la lista aggiornata delle cause pendenti in USA, azionate per la violazione del copyright di migliaia e migliaia di contenuti divorati abusivamente da Chat GPT. Anche gli articoli e i contenuti multimediali prodotti dai giornalisti sono coperti dai diritti di autore ma la “pancia affamata” di GenAI non guarda in faccia a nessuno e divorandoli distrugge il rapporto tra la stampa e il suo pubblico.

In definitiva, l’editore e il giornalista vengono scavalcati riducendo la relazione tra lettore e notizia al rapporto tra utente e macchina. I modelli di intelligenza artificiale generativa disintermediano il mondo dell’informazione eliminando il ruolo dell’editore e del giornalista-autore e resecandone bruscamente il collegamento con il lettore.

Risultato: notizie manovrate dalle imperscrutabili dinamiche dei GenAI. L’utente viene messo davanti a outputs senza radici epistemologiche. Il peggio però si registra quando i modelli GenAI si radicano – senza filtri umani – nell’industria delle notizie e soffocano la libertà di stampa rendendola dipendente dalle Big Tech, dalle loro infrastrutture di dati e dai loro modelli di apprendimento automatico. A questo si aggiunga che spesso i modelli GenAI scontano il vizio della concentrazione della proprietà in mano di pochi, procurando un enorme vulnus alla libertà di stampa.

I GenAI producono gravi rischi di pregiudicare fortemente la libertà di informare e la libertà di essere informati con conseguenze negative sui processi democratici dei vari Stati.

Esperti del linguaggio che studiano i GenAI come Mike Ananny e Jake Karr, sostengono[2] che i giornalisti dovrebbero imparare a capire le politiche alla base dei dataset e dei modelli per rivelarne al mondo il funzionamento e gli eventuali errori, bias e allucinazioni perché nell’era GenAI “press freedom means controlling the language of AI”.

 

GenAI. Disintermediazione e crollo del mercato del giornalismo
Disintermediazione del rapporto tra stampa e lettori significa anche un enorme scapito economico sia in termini di perdita di abbonati sia in termini di perdita di pubblicità. Il The New York Times decide di troncare questo meccanismo avverso e il 27 dicembre 2023 avvia la causa per violazione di copyright nei confronti di OpenAI.

La causa NYTimes/OpenAI[3] non è solo una causa a tutela del copyright ma “la” causa a tutela del pluralismo, della democrazia, della libertà di stampa e degli equilibri di mercato nell’internet dedicato all’informazione.

I modelli di intelligenza artificiale generativa applicati all’infosfera digitale operano una progressiva e costante disintermediazione separando il mondo del giornalismo dal “lettore”. Questo non solo danneggia la libertà di stampa e la democrazia ma anche gli equilibri nel mercato dell’informazione causando forti perdite economiche in termini di riduzione verticale di abbonati e di pubblicità.

La conservazione dell’abbinamento (linking) tra le recensioni del bene e il sito web del relativo produttore costituisce il vero motivo che ha indotto la società “The New York Times Company” ad attivare la causa. Questi contenuti, una volta digeriti da chat GPT, perdono il loro valore di business perché il modello GenAI divora la recensione pubblicata sul sito del giornale e ne restituisce solo un frammento epurato dai collegamenti pubblicitari. Se questa recensione viene estratta e assorbita da chat GPT, il legame tra questo contenuto e il circuito pubblicitario viene spezzato provocando un danno molto più grave della violazione del copyright perché questo danno abbatte il sistema economico che consente la sopravvivenza del giornale. Quindi se tutti i lettori del Times che vogliono una recensione di un film non vanno più sul sito del Times ma lo chiedono a chat GPT (che restituisce il frammento epurato dalla pubblicità), la società The New York Times Company che ha creato l’ecosistema intorno al giornale perde tutto il business calamitato da quella recensione ovvero i contatti al sito web del cinema, al gestore della vendita dei biglietti, alle agenzie pubblicitarie che organizzano la promozione del cinema con campagne di coupon gratuiti o scontati. Questo processo prosciuga le risorse economiche necessarie per mantenere la testata[4].

A questo si aggiunga anche il potenziale crollo della vendita degli abbonamenti (il NYTimes ha 10 milioni di abbonati digitali) dovuta alla disintermediazione che tronca il rapporto tra giornale e “lettore” in quanto Chat GPT restituisce degli outputs informativi epurati della fonte e dell’autore originari.

Al momento della stesura del presente contributo parrebbe avvicinarsi un cambiamento positivo a seguito degli accordi che OpenAI ha stretto con grossi editori come Axel Springer, Le Monde, El Paìs ma resta ancora il fronte di tutti gli altri editori che sono contrari o che non hanno ancora preso una decisione.

Alla fine del 2023 si è chiuso un accordo da “decine di milioni di euro all’anno[5] tra il colosso editoriale tedesco Axel Springer e Open AI: le testate Il Politico, Business Insider, Welt e Bilt vengono messe a disposizione per addestrare Chat GPT e inoltre i riassunti estratti che usciranno come output includeranno credits e linking. A marzo 2024 giunge la notizia di un altro importante accordo tra OpenAI con le testate di Le Monde e El Paìs[6]. Contemporaneamente si segnala un fronte editoriale che resiste al fascino non molto discreto di Chat GPT: misure restrittive contro i web crawler di Sam Altman sono state approntate da The New York Times, The Washington Post e The Guardian[7] .

NOTE A LA DISINTERMEDIAZIONE

[1]Chat GPT Is Eating the World” pubblica una utile lista delle cause pendenti in USA azionanti il copyright contro l’uso in AI vi è anche il fascicolo processuale della sopra cit. NYT Times c. Microsoft-OpenAI (DOCKET) e sempre qui nei vari Exhibit si trova l’elenco dell’enorme quantità di articoli copiati.

[2]Press freedom means controlling the language of AI”, Mike Ananny e Jake Karr, “Knowing Machines”, Sept. 27, 2023

[3] Trib.New York, caso n. 1:23-cv-11195, depositato il 27.12.23, New York Times Company contro Microsoft, OpenAI et al.; 

[4] Metafora di Giovanni Ziccardi, “NY Times vs. Microsoft, OpenAI e ChatGPT: l’atto di accusa commentato riga per riga” su YouTube

[5]Axel Springer strikes landmark deal with OpenAI over access to news titles”, Daniel Thomas and Madhumita Murgia in London, 13.12.23

[6]OpenAI cerca di tenersi buoni i giornali”, 15.03.24

SØØn – Newsletter 11 del 15 marzo 2024 – Redazione, Interskills, 15.03.24 – “L’IA alla conquista dei giornali

[7] SØØn – Newsletter 4 del 26 gennaio 2024 – Redazione, Interskills, 26.01.24 – “La vera minaccia dell’Intelligenza Artificiale – Parte 2

DEBORAH BIANCHI

L’Avv. Deborah Bianchi è specializzato in diritto dell’Internet dal 2006. Opera da 15 anni in consulenza e tutela: diritto all’oblio, web reputation e brand reputation, cyberbullismo, cyberstalking, diffamazione on line. Svolge incarichi di DPO e di consulenza e adeguamento al GDPR 2016/679. Scrive per le riviste giuridiche de Il Sole 24 Ore, Giuffrè, Giappichelli. E’ autore dei libri: Internet e il danno alla persona-Giappichelli;Danno e Internet. Persona, Impresa, Pubblica Amministrazione-Il Sole 24 Ore;Difendersi da Internet-Il Sole 24 Ore;Sinistri Internet. Responsabilità e risarcimento-Giuffrè. E’ formatore in corsi e convegni

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