Recuperare il “lettore perduto”
Gennaro Annunziata
Giornalista, Ingegnere, presidente Ordine Ingegneri provincia di Napoli
Il giornalismo sta attraversando una fase di crisi e profonda trasformazione, specialmente riguardo ai suoi modelli di diffusione e alla redditività delle imprese editoriali.
Come evidenziato da molti esperti, l’espressione “giornalismo digitale” è ormai quasi superflua: oggi il giornalismo è digitale poiché le informazioni si diffondono rapidamente in rete, spesso anche più velocemente rispetto ai tradizionali mass media “codificati” come giornali, notiziari, radiofonici e televisivi, e siti web di informazione.
Le notizie viaggiano soprattutto attraverso i social media, grazie alla possibilità offerta a ciascuno di noi di creare – consapevolmente o meno – contenuti “notiziabili” attraverso lo smartphone che tutti, o quasi, abbiamo in tasca.
La diffusione virale delle notizie entra inevitabilmente anche nei canali dei media tradizionali. La velocità e la viralità possono però comportare conseguenze negative: l’ansia dei media codificati di non “bucare la notizia” porta, talvolta, alla diffusione di informazioni inesatte e/o incomplete senza quell’indispensabile verifica che costituisce uno dei capisaldi del “fare giornalismo”.
Un episodio clamoroso in tal senso si è verificato qualche tempo fa con la notizia falsa, e non verificata, del decesso dell’ex sindaca di Napoli, Rosa Russo Iervolino. Circolata su canali non mediatici, è stata intercettata e diffusa da alcuni media tradizionali, per poi essere successivamente smentita dalla stessa interessata. Un incidente che ha eroso ulteriormente la credibilità dei media tradizionali, colpevoli di non fare le necessarie verifiche.
Del resto la verifica accurata delle notizie, gestita da professionisti qualificati, costa. Un costo che risulta insostenibile per molte imprese editoriali sempre più in difficoltà.
Come ho già sottolineato lo scorso anno in occasione della conferenza nazionale sul futuro del giornalismo presso il Consolato francese di Napoli, c’è per gli editori il problema assai serio dei costi e dei ricavi.
È evidente che fare giornalismo di qualità costa, e questo diventa ancor più vero proprio nel caso del giornalismo digitale. È necessario infatti avere figure professionali capaci di coniugare la sensibilità giornalistica con competenze informatiche e in grado di gestire un flusso di informazioni continuo, pressoché in tempo reale.
I ricavi dei giornali sono però calanti con conseguente pressione finanziaria sul giornalismo di qualità: crollate le vendite dei giornali in edicola, non decollano significativamente le vendite delle edizioni online, con una raccolta pubblicitaria che spesso segna il passo.
Insomma, il discorso sembra avvitarsi su sé stesso e al momento non si intravedono soluzioni praticabili.
A parer mio non esiste ancora, infatti, un modello di business sostenibile per il giornalismo del terzo millennio, soprattutto in Italia. Gli stessi canali di accesso alla professione dovrebbero essere rivisti in modo significativo. La legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, che ha il compito di garantire la qualità e l’etica nella professione, risale al lontano 1963 e necessita di aggiornamenti adeguati.
La sfida più difficile è però quella di recuperare il “lettore perduto”, sostenendo la domanda di informazione, sia tra i giovani che tra le generazioni più anziane non ancora transitate al digitale. Una sfida su due fronti che richiede approcci completamente diversi per ogni gruppo demografico.
Per quanto riguarda i giovani, è fondamentale non solo educare le nuove generazioni a una corretta e consapevole fruizione delle informazioni disponibili in rete ma anche a considerare l’informazione come un bene primario, sapendo riconoscerne la qualità.
Una soluzione potrebbe essere quella di introdurre una materia scolastica di “educazione civica digitale”, che coinvolga, come docenti, giornalisti e esperti informatici, come gli ingegneri del terzo settore. Una nuova disciplina che dovrebbe orientare i ragazzi a distinguere una “bufala”, a valutare criticamente le notizie, ma soprattutto a sviluppare il bisogno di una buona informazione.
È uno scenario utopico? Non credo. Anzi, probabilmente è l’ultima spiaggia per arruolare i giovani tra i lettori “consapevoli”.
E i “boomers” non ancora transitati al digitale? Essi rappresentano un mercato destinato progressivamente ad assottigliarsi per ragioni demografiche, ma esprimono al momento ancora una significativa domanda di informazione. Restano affezionati al modello cartaceo tradizionale, ora in crisi irreversibile di vendite.
L’effetto della crisi del cartaceo – sotto gli occhi di tutti – è la veloce scomparsa delle edicole. Su questo versante credo ci sia poco da fare. Dati certificati attestano che entro un decennio il giornale cartaceo e la sua rete di distribuzione scompariranno.
Urge per questo curare la “transizione” al digitale delle generazioni più anziane. Sindacati, associazioni, e anche giovani impegnati nel Servizio Civile Volontario potrebbero mobilitarsi come “Angeli digitali”, per affiancare a domicilio gli anziani più svantaggiati. Alcune iniziative del genere sono già state realizzate, ora si tratta di metterle a sistema.
Aggiungo alcune ulteriori riflessioni sul problema della credibilità e della fruizione delle notizie diffuse in rete. L’aumento esponenziale degli utenti del web e la crescente facilità di accesso alla rete hanno contribuito in modo altrettanto esponenziale alla diffusione delle “fake news” e al rischio che esse non siano prontamente riconosciute come tali, ma piuttosto vengano rilanciate in modo virale.
Meno di trent’anni fa, Internet usciva dalla ristretta cerchia degli addetti ai lavori e si avvicinava a un pubblico più ampio. Tuttavia, la rete di quei tempi appariva quasi elitaria. Per oltre quindici anni, il web è rimasto un fenomeno molto meno pervasivo di quanto accada oggi. Diverse le cause, tra esse il costo spesso non trascurabile della connessione e l’accesso quasi esclusivamente tramite PC. Gli utenti di Internet erano generalmente di buon livello socio-economico e con un’istruzione medio-alta, caratterizzati da una soddisfacente alfabetizzazione informatica. Di conseguenza, erano meno esposti al fenomeno delle fake news.
La diffusione della connettività mobile, dei dispositivi personali come smartphone e tablet e l’offerta di connessioni a costi sempre più abbordabili hanno indubbiamente “democratizzato” l’uso del web. Allo stesso tempo hanno però anche amplificato le distorsioni connesse alle fake news, dal momento che la platea degli utenti si è notevolmente ampliata senza che vi sia una corrispondente maggiore “consapevolezza” di chi naviga in rete
Concludo con alcune riflessioni sul giornalismo e sull’Intelligenza Artificiale.
Durante la summenzionata conferenza dello scorso anno al Consolato francese di Napoli, Peter Gomez ha osservato che l’intelligenza artificiale può alleggerire le redazioni del lavoro di routine, come l’elaborazione dei comunicati stampa o la sintesi di documenti economici, restituendo al giornalismo d’inchiesta tempo e spazio.
Condivido questa opinione e credo, con ragionato ottimismo, che il ruolo del giornalista possa essere valorizzato e non marginalizzato dall’Intelligenza Artificiale. Non è un caso che oggi l’Intelligenza Artificiale nel contesto del giornalismo si occupi principalmente di compiti noiosi e ripetitivi, come la trascrizione delle interviste o la pubblicazione dei risultati finanziari di un’azienda. In ogni caso i testi elaborati dall’Intelligenza Artificiale vanno verificati prima di essere diffusi.
Bisogna però vigilare per impedire che questo strumento – utilissimo – venga utilizzato dagli editori per ridurre i costi a scapito della qualità dell’informazione. La conseguenza di un impiego indiscriminato dell’Intelligenza Artificiale nelle redazioni sarebbe quella di avere un’informazione omologata, di scarsa qualità, appiattita.
Gli strumenti per evitare questo ci sono e spetta soprattutto alle organizzazioni sindacali mobilitarsi su questo fronte.
Da ingegnere apprezzo molto lo sviluppo degli attuali sistemi di mobilità “senza conducente”. Da cittadino, giornalista e ingegnere – diffiderò sempre di un’informazione “senza conducente”.
GENNARO ANNUNZIATA
Gennaro Annunziata, giornalista ed ingegnere, è un libero professionista e dal dicembre 2022 ricopre la carica di Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli.
Annunziata è anche componente del Consiglio Operativo del C3i (Comitato Ingegneri dell’Informazione), dipartimento del CNI (Consiglio Nazionale Ingegneri) creato per valorizzare la figura e il ruolo professionale degli ingegneri dell’informazione e per promuovere studi e ricerche nel settore delle tecnologie ICT.
Giornalista Pubblicista dal 2005, Annunziata ha scritto oltre 2500 articoli divulgativi incentrati sulle nuove tecnologie e sul web. È direttore responsabile del notiziario “Ingegneri Napoli”, testata online registrata presso il Registro della Stampa.
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