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"RIFORMA" DELLE PROFESSIONI: il DPR e i giornalisti - Ordine Dei GiornalistiOrdine Dei Giornalisti

Ordine dei Giornalisti - Consiglio Nazionale

“RIFORMA” DELLE PROFESSIONI: il DPR e i giornalisti

05/09/2012

Il governo ha approvato venerdì 3 agosto quello che è il DPR sulla riforma delle professioni, come con enfasi viene definito. Sono contenute in esso alcune norme che riguardano l’Ordine dei giornalisti e penso sia utile fornire ai colleghi una sintesi e una spiegazione del contenuto delle stesse. Non ci sono norme che riguardano la struttura dell’Ordine (cosa peraltro già chiarita su questo sito dopo il colloquio del 18 maggio 2012 con il ministro Paola Severino): rimarranno i due elenchi, professionisti pubblicisti, ai quali si continuerà ad accedere con le procedure attuali (e.i.)

ALBI PUBBLICI (articolo 3). Gli Albi debbono recare i dati anagrafici degli iscritti e debbono essere pubblici. Vanno annotati, si prescrive,”i provvedimenti disciplinari nei loro confronti”. Questo dovrà avvenire su base regionale. I singoli Albi vengono poi conferiti, “per via telematica e senza indugio”, al Consiglio nazionale che dovrà pubblicare l’elenco generale degli iscritti. Nulla si dice sui tempi di permanenza dell’annotazione della sanzione disciplinare, accanto al nome del sanzionato. Questo elemento, comprensibile nei tempi brevi a garanzia del rigore professionale del collega, potrebbe confliggere, ad esempio, con il diritto all’oblio che viene richiamato da non poche decisioni della magistratura.

ASSICURAZIONE. La norma non si applica ai giornalisti. Era già emerso nel confronto che il vertice dell’Odg aveva avuto con il ministro Paola Severino e con il suo staff, il 18 maggio 2012; è stato confermato da un parere pro veritate del professor Roberto Pessi; è confermato dalla relazione tecnica di accompagnamento al DPR (” Più in generale, la specificazione dell’oggetto dell’assicurazione, riferito alla copertura per i danni derivanti al cliente, consente di escludere, con riferimento alle diverse modalità di configurazione del rapporto professionista-cliente, che l’obbligo in questione possa riguardare il professionista che operi nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente”). I giornalisti, quale che sia il rapporto che hanno con l’editore, non sono tenuti a stipularla. Si crea, tra loro e l’editore, un contratto di fatto perfino con l’offerta di un servizio da parte del collaboratore, contratto che si perfeziona con l’accettazione e la pubblicazione dello stesso (è questo il parere dell’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia).

FORMAZIONE (articolo 7). Non si può perdere tempo. Il Cnog dovrà, entro un anno, predisporre il regolamento, per i corsi sul quale deve acquisire il pare “favorevole” del ministro. Il Cnog ha già, sostanzialmente onorato questo impegno ed ha trasmesso il regolamento al Ministero. Ma si tratta di uno sforzo enorme che il Cnog non potrà affrontare da solo. È nel desiderio condiviso coinvolgere gli altri enti di categoria. Ma il Ministero si riserva un parere “vincolante” sulla autorizzazione che il Cnog dovrà, se lo riterrà utile, dare a enti o associazioni terze (comma 2) per l’organizzazione dei corsi di formazione. Ci saranno da affrontare problemi seri, perché, tra altro, la mancata formazione rappresenta per l’iscritto una violazione deontologica con conseguente apertura di provvedimento disciplinare. Ma non si può sottacere, neanche in questa fase, la complessità di conciliare la formazione migliore, della quale tutti avvertiamo il bisogno, con i costi che la stessa comporta. Costi che occorrerà verificare come possano essere affrontati e a carico di chi debbano essere. È previsto che le regioni “possono” concedere fondi per organizzare corsi di formazione (questo verbo ci perseguita, basta pensare al suo inserimento nella legge 150 sugli uffici stampa degli enti pubblici). Con le attuali ristrettezze di bilancio, sarà problematico e, quindi, sarebbe stato meglio prevedere per le regioni l’obbligo di organizzare corsi di formazione.

LA TUTELA DELLA DEONTOLOGIA. Nascono i collegi di disciplina territoriali, composti da tre membri, tutti giornalisti, presieduti dal più anziano per iscrizione all’Odg mentre il più giovane ne sarà il segretario. Non si può essere membri del collegio di disciplina e del consiglio regionale territoriale. I tre membri del collegio verranno designati dal presidente del Tribunale che li sceglierà in una rosa di sei giornalisti forniti dal Consiglio regionale. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, il Consiglio nazionale dell’Ordine dovrà stabilire i criteri in base ai quali i consigli regionali dovranno formare la rosa, con un apposito regolamento sottoposto al pare “vincolante” del ministro. Presso il Consiglio nazionale, che non avrà più competenze disciplinari,sarà costituito un collegio di disciplina, con un apposito regolamento, da approvare entro 90 giorni e che dovrà avere il “parere favorevole” del ministro. Ferma restando la incompatibilità tra funzione amministrativa e funzione disciplinare, nulla è stabilito sul numero dei membri del collegio. In base a quanto previsto dai commi 7 e 8 dell’articolo 8, i membri del collegio nazionale di disciplina possono essere scelti tra i consiglieri nazionali in carica. FINO ALL’ INSEDIAMENTO DEI COLLEGI, TERRITORIALI O NAZIONALE, RESTANO VALIDE LE PROCEDURE IN ATTO.

PRATICANTATO: resta il registro dei praticanti (articolo 6 tenuto da ciascun Ordine regionale e, in attesa di una riforma che stabilisca un diverso titolo di studio (la laurea) valgono le norme attualmente vigenti. Le altre previsioni non riguarderanno i giornalisti perché, ha assicurato l’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, fin dal 18 di maggio nel confronto riservato al vertice dell’Odg che poneva il problema, le norme di maggior favore previste da contratti nazionali, come quelle sul praticantato giornalistico, non vengono toccate. In sintesi: il praticantato giornalistico va retribuito secondo i parametri contrattuali e rappresenta un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, salvo specifiche diverse al momento dell’assunzione (cioè non si applica quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 6). Resta confermato che il praticantato non impone, ipso facto, l’esclusiva. Occorrerà fare una riflessione sul comma 9 dello stesso articolo perché prevede che il tirocinio possa essere effettuato per un periodo non superiore a sei mesi grazie a corsi di formazione. Da una parte questo consentirà a colleghi che hanno visto cessare l’attività della loro azienda prima che siano decorsi interamente i 18 mesi (ma ne siano passati almeno 12) di completare il percorso, ma evidenzia la necessità di aumentare la pratica nei Master abilitanti. Entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, il Consiglio nazionale dell’Ordine, previo parere del Ministero, dovrà emanare il regolamento per la formazione dei praticanti (comma 10 articolo 6). Occorrerà verificare se si applica anche all’Odg l’ipotesi che si possa permanere nel registro dei praticanti per un massimo di cinque anni (ora sono tre).

RIFORMA DELL’ORDINE: da ultimo perché non c’è e non poteva esserci perché un intervento strutturale sarebbe stato impossibile in un unico provvedimento che riguarda tutti gli Ordini professionali e, in ogni caso, sarebbe stata cancellato dal Consiglio di Stato o dalle Camere perché sarebbe stato un eccesso di delega. Resta la necessità di una riforma organica di una legge che il prossimo anno compirà 50 anni. Occorrono nuove regole per l’accesso, una maggiore qualificazione non solo culturale dei nuovi giornalisti, un diverso criterio per conciliare il dovere di rappresentanza dei giornalisti italiani, professionisti e pubblicisti, nel rispetto delle componenti con l’esigenza di un organismo, il Consiglio nazionale, che con l’attuale meccanismo rischia di diventare “esplosivo” ben oltre l’altissimo numero dei suoi membri.

URL pagina: https://www.odg.it/riforma-delle-professioni-il-dpr-e-i-giornalisti/30203