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Stati generali della parola: Bartoli, siamo custodi della lingua italiana - Ordine Dei GiornalistiOrdine Dei Giornalisti

Ordine dei Giornalisti - Consiglio Nazionale

Stati generali della parola: Bartoli, siamo custodi della lingua italiana

20/04/2023

L’intervento del  presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine all’evento di Taormina                          

Felice intuizione collegare una messa a punto della parola, posta in relazione all’informazione e all’editoria. Una intuizione virtuosa che OdG Sicilia, supportato dalle istituzioni e dal mondo della cultura siciliano ha voluto trasformare in realtà per cogliere quello che, a dispetto di quanto noi stessi giornalisti possiamo credere, è un nesso vitale ed essenziale.

L’italiano è una lingua molto ricca, tanto che il vocabolario comune è costituito da poco meno di 50mila parole, un patrimonio sterminato che richiede attenzione, cura e manutenzione. Attenzione, cura e manutenzione che risentono in maniera fondamentale dell’azione quotidiana dell’informazione. Occorre esserne consapevoli: non c’è più Manzoni a imporre i canoni d’uso della nostra lingua, non ci sono più le grandi personalità politiche di straordinario spessore  che erano capaci di indirizzare i codici del discorso pubblico. Lessico, sintassi, organizzazione del discorso dipendono sempre più dalle modalità di utilizzo della lingua da parte del giornalismo e non solo da parte di quello radiofonico e televisivo.

L’italiano medio ha a disposizione un vocabolario comune di poco inferiore alle 50mila parole: un patrimonio di ricchezza culturale alla cui manutenzione contribuiamo in maniera decisiva. Cerchiamo di averne coscienza promuovendo un utilizzo attento, preciso, rispettoso della nostra lingua. La lingua si difende non solo evitando un uso acritico e distratto dei forestierismi. Vale la pena ricordare che all’estero gli italianismi sono molto diffusi: cibo, musica, finanza, diplomazia, sono imbottiti di italianismi. Per non parlare del suffisso “issimo” che all’estero si è affrancato dalla sua funzione ordinaria per assumere una connotazione che assomiglia più a un marchio di qualità e a una certificazione di origine legata al nostro paese che a un semplice suffisso.

Difendiamo piuttosto l’italiano dai forestierismi inventati dalla politica per mascherare condoni fiscali, rientri di capitali trasferiti all’estero: misure poco popolari che si ritiene opportuno mascherare all’italiano medio. Difendiamo l’italiano dal pressappoco, dai falsi sinonimi, dall’approssimazione nell’utilizzo del lessico. Dalle locuzioni usate in modo compulsivo: dall’assolutamente sì, ai furbetti di qualsiasi genere e cosa. E soprattutto facciamo un utilizzo appropriato del lessico: vi rivolgereste a un chirurgo che usa coltello da cucina e le pinze del meccanico? Credo di no.

Lasciamo ai salotti buoni e ai talk show le polemiche sul politically correct e concentriamoci sul giuridicamente corretto, sulla verifica attenta del lessico, sul significato sotteso, dal punto di vista etico e deontologico, proprio di ogni parola. Siamo i custodi dell’italiano, non dimentichiamolo.

 

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