REPORT 2023

Un ruolo centrale per i giornalisti

Elena Golino 

Giornalista 

Negli anni, abbiamo assistito ad una crescita esponenziale dell’informazione nel digitale. Le dimensioni sono diventate colossali. In un solo minuto nel mondo vengono inviati 44 milioni di messaggi, effettuate 2,3 milioni di ricerche su Google, generati 3 milioni di “mi piace” e 3 milioni di condivisioni su Facebook, e vengono effettuati 2,7 milioni di download da YouTube. Lo scrivono l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e il Garante per la protezione dei dati personali in una indagine comune del 2020. Certamente, questi dati “monster” oggi sono ulteriormente lievitati.

La tecnologia digitale consente ormai da anni questi volumi giganteschi di traffico nel web in tempo reale, senza pause, 24 ore su 24. E soprattutto senza confini. La rete è un tutt’uno globale e laddove dei cittadini non riuscissero a far parte della “comunità digitale planetaria”, la responsabilità è unicamente da attribuirsi a governi locali che applicano la censura. Esempi in questo senso non mancano: dal Medio Oriente, all’Asia, all’Europa dell’Est, in Russia, in alcuni stati del Sud America le limitazioni di accesso e di fruizione alla rete sono all’ordine del giorno. E non è un caso, che queste limitazioni siano messe in atto da governi spesso lontani dai principi basilari della democrazia.  

Nel suo complesso, nonostante i limiti citati, la rete ha comunque amplificato i vantaggi, primo fra tutti conoscere quello che succede in tempo reale e in qualunque parte del nostro pianeta. Online, si possono ottenere la maggior parte delle informazioni gratis, solo alcuni gruppi editoriali offrono i prodotti a pagamento. Inoltre, e considerazione non irrilevante, il lettore sceglie nel web le notizie d’interesse basandosi sul proprio personale sentire. Non solo, quindi, nell’indirizzo di settore: ad esempio cronaca, costume o notizie dal mondo. Ma anche, o forse soprattutto, di conseguenza alla propria presa di posizione sociale, culturale e di appartenenza politica. In sostanza, chi si rivolge al web per informarsi predilige fonti nelle quali si riconosce, e che quindi ritiene attendibili, a prescindere dal contenuto ricercato. In questo senso, il ventaglio delle offerte comunicative e informative è aperto a trecentosessanta gradi, contemporaneamente, sempre. 

Partendo da questa ultima considerazione, facciamo una riflessione su quanto avviene nella carta stampata. Riceviamo regolarmente, anno dopo anno senza inversione di tendenza, risultati inquietanti sul calo delle vendite dei quotidiani. I dati resi noti da AGCOM sono impietosi: le copie vendute quotidianamente in formato cartaceo si sono ridotte nei primi nove mesi dell’anno 2022 del 9,9% rispetto al corrispondente periodo del 2021 attestandosi a 1,36 milioni. Rispetto al corrispondente valore del 2018, la flessione è del 36,5%. Nulla lascia prevedere che nel 2023 la discesa finisca. Anzi, potrebbe perfino accelerare. E comunque, precisa ancora AGCOM, anche le vendite di copie digitali dei quotidiani sono in calo: oscillano intorno ad una media di 210 mila copie giornaliere nel 2022 con una riduzione su base annua del 5,7% rispetto il 2021, nonostante una forte differenza di prezzo (dal 40 al 70% in meno) e martellanti campagne d’abbonamento con offerte ancora più scontate.

Contribuisce in parte a questo declino il pesante processo di omologazione delle notizie cominciato a partire dal 1990. Precedentemente a questi anni valeva la regola del controllo vigile tra testate e la collaborazione tra colleghi, tra direttori di testate che a chiusura del giornale a volte si confrontavano. Poi nel ‘92, con l’avvento dell’inchiesta “mani pulite” nacque il caso del “cartello” tra giornalisti di Palazzo di giustizia che decideva in pool come e quando dare le notizie.

La paura del “buco” e la preoccupazione dell’inadeguatezza rispetto la concorrenza è stata la molla che ha spinto tanti quotidiani – a partire dagli anni ’90 – a tenere in costante controllo i siti web, che nel frattempo erano dilagati, ed i telegiornali. Il risultato?  Un appiattimento delle notizie con l’avvento del fenomeno dei cosiddetti “giornali fotocopia”. Vittime di questa tendenza soprattutto le testate locali, troppo prese a rincorrere le notizie di tutti gli altri quotidiani in una sorta di girotondo senza vie d’uscita.

 Anche questo fenomeno, in fondo, sembra conseguenza della globalizzazione, che ha finito per coinvolgere l’universo dell’informazione. L’omologazione delle notizie ha fatto perdere di vista, tranne poche eccezioni (ad esempio Il fatto quotidiano e la Verità, in crescita di vendite) le differenze tra i prodotti giornalistici, finendo per disamorare il lettore, convinto che un giornale valga l’altro e le notizie siano tutte uguali.

Sul web, invece, il panorama senza confini e non costretto nelle maglie della vecchia editoria, è in grado di offrire notizie molto più varie e soprattutto genuine, libere dal giogo dell’omologazione.

Un esempio di indipendenza e obbiettività dell’informazione, riferito alla guerra in Ucraina, è stato presentato durante il Convegno sull’informazione digitale organizzato Commissione Cultura dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti lo scorso 24 gennaio a Roma. La giornalista ucraina Olga Rudenko, direttora del giornale online d’inchiesta Kyiv Independent, intervistata da Azzurra Merigolo di Radio Rai, ha dichiarato: “Seguo la guerra dal primo giorno, e l’essere online ci dà il vantaggio dell’immediatezza. Accade qualcosa, noi lo comunichiamo direttamente. Noi ci affidiamo sempre alle testimonianze che riusciamo a raccogliere. La sfida più importante di essere un giornalista in un conflitto è essere sicuri che ciò che affermi sia vero, sia provato. La Russia fa disinformazione, ma anche quello che afferma il governo ucraino non è corretto al 100%. Noi non possiamo sapere quando dicono la verità o no. Noi non abbiamo paura di dire ai nostri lettori che le informazioni talvolta sono contrastanti; quindi, le riportiamo tutte e lasciamo a chi legge, decidere.”

Questa testimonianza dal mondo dell’informazione online, fuori dal coro inquanto non assoggettata ad editori tradizionali o interessi economici definiti, assume una grande valenza. Prova come queste fonti di informazione siano più capaci di intercettare richieste di genuinità e imparzialità anche nell’insidioso terreno dei reportage di guerra. Dal Kyiv Independent, che ha sede e lavora nella martoriata capitale dell’Ucraina, arriva una lezione di giornalismo di cui fare tesoro.

Ma molti altri siti online che hanno successo rispondendo a queste richieste alternative, sono davvero in grado di fare vero giornalismo, rispettando i canoni di qualità, etica, deontologia, e rispetto della privacy? Negli ultimi anni, abbiamo dovuto fare i conti con una dura realtà: il lato oscuro della forza dell’online è la diffusione delle fake news, i linciaggi digitali, le campagne d’odio. In tal senso, uno studio del Massachusetts Institut of Technology evidenzia come una fake news abbia il 70% di possibilità in più di essere condivisa rispetto ad una notizia corretta.

Alla crescita dell’informazione online non ha corrisposto una analoga trasmissione delle regole sulle quali è basato il giornalismo professionale in Italia. L’Ordine dei giornalisti si batte perché l’informazione professionale oggi più che mai possa e debba avere un ruolo centrale. Nel mondo in cui cambiano i contesti, devono restare cardinali le regole che hanno garantito in Italia il giornalismo in quanto tale: verifica delle fonti, narrazione precisa e rispetto della privacy. Fuori da questi parametri, non è giornalismo. Noi crediamo che ai valori della nostra professione debbano ispirarsi e riferirsi tutti coloro che oggi fanno informazione in rete, siano o meno iscritti all’Ordine.

Per questo, un anno fa, in seno alla Commissione cultura del Consiglio nazionale dell’Ordine, è nata l’idea di ribaltare le parti e, con un sondaggio, ascoltare cos’hanno da dirci siti, blog, giornali on line non inquadrati nelle tradizionali filiere editoriali. Quelli, non garantiti da pubblicità o da finanziamenti di varia natura e quelli che, magari perché espulsi dalle produzioni editoriali tradizionali, hanno intrapreso la via della rete.

Abbiamo inviato un questionario a 1500 indirizzi, attingendo da alcune banche dati tra le quali quella dell’Unione stampa sportiva, del sito specialistico Ipse.com e Prima Comunicazione. Ci hanno risposto in 400, un campione ragguardevole. E per meglio comprende i risultati che sono emersi, ci siamo affidati al professor Paolo Natale dell’Università Statale di Milano, docente di metodi e tecniche della ricerca sociale. Nel merito, la sua analisi mette in luce una serie di elementi interessanti che si possono riassumere così: la quasi totalità dei siti censiti ha al proprio interno almeno un giornalista iscritto all’Ordine (85%); la vasta maggioranza (72%) appare interessata ad un rapporto con l’OdG, in particolare per creare un apposito Albo per autori di siti web; anche i siti senza iscritti all’Ordine si dichiarano interessati (60%) ad un rapporto diretto con l’OdG e soltanto il 13% tra loro ha un atteggiamento negativo; oltre la metà dei Web-magazine (55%) è formato da realtà autonome e indipendenti che (soprav)vivono grazie alla pubblicità commerciale (63%); l’attività principale dichiarata da ciascuno di coloro che hanno risposto al sondaggio è quella di “fare giornalismo (60%) grazie ad una corretta informazione, che a loro parere manca, sui temi propri dei siti stessi.  

Uno degli elementi principali che emergono dalla ricerca riguarda il rapporto che l’Ordine dei Giornalisti dovrebbe avviare con le testate online. Mentre, come si è sottolineato, soltanto una sparuta minoranza si dichiara contraria a qualsiasi modalità e forma di inquadramento e vuole restare totalmente estranea al mondo dell’Ordine, il 40% degli intervenuti al sondaggio pensa sia urgente attuare la formazione di un apposito Albo per le testate in Rete, il 30% sottolinea la necessità di un percorso di iscrizione all’Ordine, mentre il restante 30% circa si dichiara comunque favorevole ad una forma di riconoscimento. Il ruolo e la presenza dell’Ordine dei Giornalisti vengono dunque giudicati piuttosto rilevanti anche nel web, e questo in assoluto è il risultato più stimolante ottenuto dal sondaggio.

Un risultato che impone, come ha sottolineato nell’intervento durante i lavori del Convegno il sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini, che l’editoria digitale abbia il diritto di accesso ai finanziamenti pubblici, laddove garantisca qualità e alto valore informativo e culturale. Per l’Ordine, quindi, è arrivato il tempo di aprirsi a nuove proposte di accoglimento rivolte a questi soggetti che fanno informazione online.

ELENA GOLINO

Consigliera del Ordine Nazionale dei Giornalisti, è presidentessa della Commissione Cultura. Impegnata nel sindacato dei giornalisti è stata Consigliera della Fnsi. Da tre legislature è consigliera della Casagit

E’ diventata giornalista professionista nell’84 e dopo alcuni anni al quotidiano “Il Giorno” è passata in Rai. E’ stata per 17 anni conduttrice delle principali edizioni del Tg, con il grado di Vicecaporedattore

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