“Una nuvola scintillante di frammenti”: l’informazione al tempo dei nuovi social e lo “spacchettamento” della professione.
Lelio Simi
Giornalista
Data l’ampiezza della trattazione, il testo è stato suddiviso in capitoli collegati ai pulsanti qui sotto.
Da “solo digitali” a “solo social”: come cambiano i modelli economici e i formati.
Quindi se, ricordando quanto rilevato anche dal Reuters Institute, intere generazioni di lettori di notizie oggi si informano unicamente nelle reti sociali e i giornali non possono pensare che, solo con il passare del tempo, questi possano diventare lettori di un giornale di carta e nemmeno del sito web semplicemente perché hanno raggiunto l’età adulta, allora può essere più che logico che un progetto editoriale si “pensi” nella sola dimensione “social”.
Insomma, dopo l’ascesa di imprese giornalistiche “solo digitali” ad inizio degli anni Dieci, in questi primi anni degli anni Venti, alcuni editori di nuova generazione hanno scelto di essere “solo social” privi di un vero e proprio sito web proprietario: una dimensione totalmente nuova che a livello di sostenibilità economica solo qualche anno fa non sarebbe stato possibile realizzare ma che, seppure con sfide tutte ancora da vincere, oggi è resa possibile da nuovi scenari di mercato.
A livello globale sta crescendo la quota di persone che guarda video online di news attraverso i social media, secondo i dati del Reuters Institute nel 2023 questi sono stati il 62% della popolazione e soltanto il 28% lo ha fatto durante la navigazione in un sito web o in una app di notizie; tra i giovani in età compresa tra 18 e 24 anni questo stesso confronto rivela una differenza ancora più marcata: 79% contro 23% con una significativa crescita del consumo dei video social dovuto all’ascesa dei video brevi di TikTok, dei Reels di Instagram e degli Short di YouTube.
D’altronde anche da noi i dati più recenti[1] sui mezzi scelti dagli italiani come fonte di informazione (dominati dai Telegiornali con il 48,3% della popolazione, seppure in flessione di 3 punti percentuali sul 2022) confermano che è crescente la quota dei social a forte contenuto video come YouTube, che dal 2019 al 2023 ha registrato un incremento di 6,6 punti percentuali, per assestarsi nel 2023 su un’utenza pari al 18,5%; così come Instagram, che è considerato dal 15,3% degli italiani una fonte d’informazione affidabile superando i giornali radio (13,7%), i quotidiani online (11,8%) e quotidiani cartacei a pagamento (8,1% in netta flessione -9,4 punti percentuali rispetto al 2019).
In Italia in particolare sono nate con queste premesse tre realtà: Will Media, Torcha e Factanza tutte lanciate nel 2020 (l’anno, è facile notare, della pandemia e dei ripetuti lock-down con il traffico sul web e sui social ai suoi picchi massimi). Will Media è quello che ha una struttura più grande: circa 50 persone assunte nei diversi settori (staff editoriale, commerciale, produzione), Factanza ne ha circa 15 e Torcha, quello decisamente più piccolo, con 4 persone.
Sono tutti progetti editoriali (nessuno dei tre è, ad oggi, una testata giornalistica registrata) che guardano principalmente a un pubblico di under 35 che, in gran parte, non si è mai informato regolarmente attraverso la lettura di un giornale. Una tipologia di lettore che dei principali fatti e tematiche di attualità vuole i punti essenziali accompagnati da una contestualizzazione chiara, sintetica ma comprensiva di diversi punti di vista.
Non a caso i claim di questi progetti editoriali sono “Per fare un figurone a cena” (Will Media), “Non tutte le notizie del mondo, ma quelle che vale la pena sapere” (Torcha), “Ti spieghiamo il mondo in 1 minuto” (Factanza), la “promessa” ideale per questo tipo di richiesta informativa.
Il formato più utilizzato è il video breve – dai 30 secondi ai due o tre minuti – ovvero il formato principale di piattaforme social come Instagram e TikTok e, per i formati più lunghi: podcast (distribuiti sulle principali piattaforme come Spotify e Spreaker) e video su YouTube.
Per fasce di età emerge chiaramente una netta prevalenza tra i loro lettori di quella relativa agli under 35 su tutte le altre (i dati sono stati forniti dagli stessi editori): per Will Media il peso di questa fascia d’età, sul totale dell’audience, è del 64%, per Factanza dell’80%, per Torcha supera la metà.
Se guardiamo alla distribuzione dei lettori sulle diverse piattaforme è da notare che, seppure lo sforzo sia quello di abitarne la maggior parte, alla fine ne prevale una su tutte. Per Will Media, ad esempio, Instagram ha un numero di iscritti quattro volte superiore a TikTok seconda per numero follower al suo account ufficiale.
In generale quindi si propone nuovamente il problema dell’eccessiva dipendenza ad un’unica piattaforma di proprietà di grandi aziende tecnologiche (le statunitensi Meta e Alphabet o la cinese ByteDance rispettivamente case madri di Instagram, YouTube e TikTok) che possono decidere unilateralmente, e senza alcun preavviso, importanti cambiamenti nelle policy sulla pubblicabilità dei contenuti e sul funzionamento degli algoritmi che determinano la visibilità dei contenuti stessi con esiti che possono rivelarsi decisamente negativi per le strategie di crescita di questi progetti editoriali (così come accaduto a causa dell’eccessiva dipendenza da Facebook per moltissimi editori sia tradizionali che di nuova generazione).
I dati relativi all’audience divisi per le singole piattaforme sono: per Torcha su Instagram, dove gli iscritti alla sua pagina sono oltre 600 mila, la fascia dei 25-35enni supera il 50% dei follower e su TikTok (225 mila follower) è la fascia 18-24enni a superare la metà degli iscritti; per Will Media su Instagram i 18-25enni sono il 20,6% e i 25-34enni il 51,5% dei circa 1,6 milioni di follower, mentre su TikTok (dove i follower sono poco oltre i 400 mila) i 18-24enni sono il 41,2% mentre i 25-34enni il 40,6%. Per Factanza l’account di TikTok (circa 740 mila iscritti) ha una base del 56% di 18-24enni e 30% di 25-34enni (Torcha ha preferito non condividere questi dati nel dettaglio).
Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, ovviamente, ci sono differenze sostanziali da quello di una redazione tradizionale: “Non siamo un quotidiano che ha esigenza di stare sempre sulle notizie del giorno — precisa Francesco Zaffarano responsabile dei contenuti di Will Media — né abbiamo un’organizzazione con ruoli tradizionali come caposervizio o caporedattore. Le circa quindici persone che si occupano della creazione dei contenuti, assunte per la maggior parte con contratto CCNL del commercio, sono divise in piccoli gruppi legati a una tematica con all’interno una figura che fa da coordinatore, ognuno di questi piccoli team elabora delle proposte che poi vengono discusse in riunioni collettive dove viene definita una programmazione di circa una o due settimane. I singoli gruppi di lavoro tematici poi operano in autonomia, con una logica da creatori digitali. Facciamo però periodicamente delle riunioni collettive, senza le divisioni dei singoli gruppi tematici, dove tutti possono dare la loro opinione e suggerire delle modifiche”.
“L’organizzazione del lavoro è su base settimanale — ci racconta Alice Giusti responsabile dei contenuti di Factanza — con una riunione il lunedì dove raccogliamo idee e pianifichiamo il lavoro, ma ovviamente siamo attenti a quello che accade giorno per giorno e ogni mattina facciamo una riunione veloce per verificare se dobbiamo cambiare la nostra pianificazione”.
Torcha che ha la struttura più piccola si affida invece molto al lavoro di collaboratori come ha dichiarato il suo fondatore Marco Cartasegna[2] “Diamo molto importanza alla grafica per fare in modo che tutto sia immediato e chiaro, abbiamo una sorta di redazione interna per coprire le news più ‘semplici’ e un network di esperti e professionisti che interpelliamo per le singole tematiche. Questo credo sia l’unico modo per costruire credibilità in poco tempo”.
Ogni contenuto punta su una forte caratterizzazione, ad esempio: ogni tematica trattata (politica interna, economia, diritti, lavoro, parità di genere, ambiente, politica internazionale) è legata sempre a una giornalista o un giornalista che in questo modo ne diventa il “volto”, rendendola immediatamente riconoscibile assieme all’uso ripetuto, in ogni post, di determinati “segni identificativi” (un determinato tipo di inquadratura così come un preciso elemento dell’abbigliamento); una pratica assolutamente necessaria nell’ambiente dei social media caratterizzati dallo scrolling infinito dei news feed nei quali vengono caricati ogni minuto una quantità enorme di contenuti di ogni genere.
Proprio questa capacità di mettere a punto dei format capaci di “abitare” con successo le piattaforme social oggi in ascesa è alla base del modello economico di queste startup editoriali: le loro entrate infatti — oltre ai round di finanziamenti privati — sono realizzate grazie ai cosiddetti “contenuti sponsorizzati” (ovvero contenuti pagati da aziende, enti o associazioni e pubblicati nei loro account social con la dicitura “partnership pubblicizzata con”, “sponsorizzato da” o “in collaborazione con”) o consulenze di comunicazione e produzione di contenuti per terzi da pubblicare nei canali esterni all’editore.
I ricavi di Will nel 2023 (4,6 milioni di euro) sono stati infatti per il 60% da branded content e per il 38% da attività e contenuti per terzi (aziende o privati): ovvero lavori esterni alle proprietà (pagine social, podcast, newsletter) di Will. Per esempio, la gestione di canali social di terzi, la realizzazione di podcast aziendali, o di documentari commissionati. Per quanto riguarda Torcha a chiusura del 2022 aveva realizzato ricavi per 240mila euro ma anche perdite per 380mila euro e, a fine 2023, ha perfezionato un aumento di capitale (650mila euro parzialmente sottoscritto[3]).
Un qualsiasi modello di business oggi nel campo dell’editoria deve però essere già pronto a cambi di rotta consapevole che il cambiamento è la caratteristica, la costante, oggi negli scenari digitali, non innamorarsi di un modello a “senso unico” convinti di aver trovato la formula perfetta. Non sorprende quindi che — anche in Italia —tra i progetti editoriali di nuova generazione che guardano alle piattaforme social come unico ambiente dove pubblicare si pensi già, come ha fatto Will Media, a diversificare i ricavi e a attivare una membership nella quale – proprio nella filosofia che abbiamo già visto adottata dal Post – chiedere ai propri lettori un sostegno economico volontario non tanto per acquistare dei contenuti ma per riconoscere il valore dell’informazione diffusa gratuitamente[4] (la membership, anche in questo caso, dà accesso ad alcuni contenuti esclusivi come podcast e newsletter a seconda del livello di sottoscrizione).
“Sappiamo che diversificare maggiormente i ricavi è un passaggio fondamentale per non dipendere troppo dai contenuti sponsorizzati — precisa Alice Giusti di Factanza — abbiamo riflettuto sull’opportunità di lanciare una campagna di membership tra i nostri lettori, ma per il momento preferiamo non adottare questa soluzione e concentrarci su fonti di ricavo come la consulenza sulla comunicazione per i brand e la realizzazione di produzioni per terzi e, a breve inoltre lanceremo progetti di formazione”.
Non a caso anche questa nuova generazione di editori “solo social” punta molto su idea di community, su un base di lettori che promette di essere fedele perché si condividono con loro dei valori legati a tematiche avvertite come particolarmente urgenti dai più giovani come ambiente e lotta alle disuguaglianze (che, per coerenza, incidono anche nella scelta dei partner commerciali). Un elemento che sicuramente era meno presente nella generazione precedente dei “ragazzi terribili” dell’editoria digitale (come, ad esempio, BuzzFeed) dove si mirava soprattutto ai picchi di ascolto ottenuti grazie a giochi e alchimie da maghi delle dinamiche social, più che alla costruzione di una comunità di lettori fedeli in base a forte connotazione dei valori condivisi.
“Siamo consapevoli che metriche come i like hanno un valore relativo — conferma Francesco Zaffarano di Will Media — siamo molto più attenti a metriche di qualità che ci fanno capire quali contenuti hanno incrementato il numero di iscritti, generato discussioni interessanti tra gli utenti sviluppando e rafforzando il senso di comunità che per noi, soprattutto dopo lancio campagna membership, è fondamentale”.
Una strategia che ritroviamo anche in Factanza come spiega Alice Giusti “Per quanto riguarda la scelta dei contenuti non ci interessa però cavalcare una notizia solo perché è diventata trend topic, in un clima polarizzato è facile generare dei flame cosa che non ci interessa, la domanda che ci facciamo sempre di fronte a un fatto che sta attirando molta attenzione è se davvero possiamo dare al lettore del valore aggiunto al suo racconto, una migliore contestualizzazione, un collegamento con tematiche che ci stanno particolarmente a cuore, che rappresentano la nostra linea editoriale, generando su queste delle discussioni di qualità che è una metrica alla quale guardiamo molto. Sappiamo anche che alcune tematiche non genereranno numeri importanti ma riteniamo comunque importante proporle e affrontarle”.
Su questa linea anche Marco Cartasegna il fondatore di Torcha ha dichiarato: “Siamo poco aggressivi. Ci interessa poco attaccare perché interessa poco alla nostra community. Cerchiamo di dare un’informazione corretta e chiara. Di fatto ci assumiamo il compito di rispondere alle esigenze di chi ci segue”.
Con i contenuti sponsorizzati come principale fonte di ricavo, uno snodo fondamentale, per questi progetti, è definire il rapporto con gli stessi sponsor sul processo di creazione, su questo aspetto Francesco Zaffarano ci spiega “I contenuti sponsorizzati vengono all’inizio elaborati come proposte, semplici pitch, da proporre a un investitore pubblicitario, una volta avuto il via però quest’ultimo non ha nessun controllo o intervento in fase di lavorazione, vede il contenuto finito, se ci sono indicazioni o richieste di modifica ne prendiamo atto ma non necessariamente ci sentiamo obbligati a seguirle, lì poi diventa importante il ruolo di ‘mediatori’ degli account commerciali”.
NOTE
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[1] 19° Rapporto sulla Comunicazione (Censis,marzo 2024)
[2] “Così parlo ai giovani di politica”, il Giornale.
[3] Nextalia entra nell’aumento di capitale da 650mila euro dell’azienda fondata da Marco Cartasegna, Affari Italiani / Francesco Canzonieri (Nextalia) entra nel capitale di Torcha, Milano Finanza, novembre 2023
[4] Il fatto che l’informazione pubblicata rimanga principalmente gratuita è un elemento, come abbiamo visto, essenziale in questo tipo di operazioni come d’altronde viene sottolineato nella presentazione: “Oh, sia chiaro: tutti i contenuti che hai sempre trovato su Will continueranno a essere gratuiti per la community.Ma per ringraziare le persone che ci sosterranno tramite la membership, a loro offriamo l’accesso a nuovi podcast (da sbloccare direttamente su Spotify), newsletter dedicate e approfondimenti speciali a cura del nostro team”.
LELIO SIMI
Giornalista, ha iniziato nella carta stampata dove è diventato professionista, si occupa di informazione e Internet dal 2001 in uno dei primi network di portali online di informazione in Italia. Si occupa principalmente di innovazione, strategie e modelli di business editoriali raccontando, in particolare, la profonda trasformazione avvenuta nell’industria dei media in questi anni attraverso reportage e inchieste pubblicate— tra gli altri — da Il Manifesto, Pagina 99, Link, Eastwest, Altreconomia, L’Essenziale. È stato uno dei fondatori del gruppo di lavoro DataMediaHub, una delle prime esperienze di data-journalism in Italia, nella quale si è dedicato in particolare all’analisi dei dati economici dell’industria italiana dei giornali. È uno degli autori dell’antologia “Datacrazia” (D Editore, 2018), nel 2021 ha pubblicato per Hoepli “#Mediastorm – Il nuovo ordine mondiale dei media”. #Mediastorm è anche la sua newsletter.
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