Il presidente dell’Ordine Carlo Bartoli, illustra su la Gazzetta di Parma, la proposta per un organismo di rapido intervento per riparare a errori professionali dei giornalisti. Il testo dell’articolo, link e allegato pdf.

Ringrazio Ruben Razzante e la Gazzetta di Parma che ha ospitato il mio intervento nel quale rilancio una proposta che consideriamo centrale per il bene dell’informazione nel nostro Paese. Da tempo abbiamo avanzato, inascoltati, la proposta di creare un Giurì dell’informazione che sia in grado di intervenire in maniera tempestiva per bloccare i casi di cattiva informazione. Fuori dal recinto del giornalismo professionale vige la legge del Far West, con le grandi piattaforme globali che fanno poco o niente per limitare hate speech, intimidazioni, istigazione alla discriminazione e alla violenza, ma questo non giustifica alcun appiattimento del rigore etico e professionale che deve contraddistinguere il giornalismo. Non può essere una scusante neppure lo scadimento del dibattito politico.

A dispetto delle apparenze, l’informazione professionale, quella svolta dai giornalisti, assume una nuova centralità  nella nostra società, in quanto argine alla diffusione di fake news, discorsi di odio, aggressioni, minacce e discriminazioni. Lo abbiamo visto con la pandemia, lo vediamo oggi con le difficoltà a raccontare un conflitto tragico, innescato dall’aggressione russa all’Ucraina, che viene combattuto anche con le armi della manipolazione e della disinformazione.

Nell’ecosistema digitale il ruolo dell’informazione professionale è ancora più importante, per la verifica delle fonti, ormai infinite nel web, per l’accuratezza con cui vanno narrati gli eventi cercando di stare quanto più possibile alla verità sostanziale dei fatti. E qui veniamo ai diritti e ai doveri dei giornalisti.

Uno dei compiti che la legge affida all’Ordine dei giornalisti riguarda l’individuazione delle regole deontologiche che i giornalisti devono seguire e l’amministrazione della disciplina che deve sanzionare chi infrange queste regole. Equilibrio, correttezza, rispetto e sensibilità sono richieste soprattutto verso i soggetti più deboli. Cura e attenzione nell’uso del linguaggio in modo che sia appropriato e aderente all’oggetto di cui si parla. Il codice deontologico è ampio e articolato e vi è un lavoro costante dell’Ordine per tenerlo aggiornato a fronte delle rapide trasformazioni imposte dalla rivoluzione digitale. Ad esempio è già scritto nelle nostre regole che il giornalista deve rispettare “sempre” la deontologia, anche quando utilizza i suoi  canali social personali. Perché si è sempre giornalisti, anche quando non si lavora.

E quando le regole non vengono rispettate? Qui scattano le azioni disciplinari, con tanto di sanzioni che vanno dal semplice richiamo fino alla radiazione dall’Albo.  Va ricordato che da circa dieci anni, per tutte le professioni ordinistiche, le funzioni disciplinari sono separate da quelle amministrative. Quindi un Ordine regionale o nazionale non può intervenire direttamente ma semplicemente segnalare, come può fare qualunque cittadino o soggetto giuridico, una violazione al Consiglio di disciplina territoriale.

Occorre però che l’opinione pubblica sappia che le procedure sanzionatorie stabilite dalla legge (che da anni continuiamo a chiedere vengano ammodernate) prevedono ben cinque gradi di giudizio prima che una sanzione disciplinare passi in giudicato. Due gradi si svolgono all’interno dell’Ordine (primo grado e appello), giustizia ordinaria per altri due, poi la Cassazione senza dimenticare la possibilità di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Perfino chi riceve un’ammonizione, perché ritenuto colpevole di avere commesso una colpa lieve, può ricorrere fino alla Cassazione. Per questo continuiamo a chiedere procedure che coniughino le necessarie garanzie per l’incolpato con un’efficacia dai tempi non biblici dell’azione disciplinare. Così come chiediamo che si sciolga il pasticcio legislativo che sottopone l’Ordine che rende nota la sanzione disciplinare comminata a un iscritto al rischio di una richiesta di risarcimento danni. Se, per esigenze di privacy, la sanzione non può essere resa pubblica perde gran parte della sua efficacia!

Tutto questo per ribadire che occorre anche uno strumento che blocchi in maniera tempestiva dei comportamenti professionali sbagliati che possono danneggiare la reputazione di un qualunque cittadino. Ebbene, un Giurì potrebbe intervenire nell’immediatezza, almeno per bloccare i casi nei quali il danno alla persona potrebbe essere particolarmente grave. L’Ordine è pronto ad accettare la sfida. Il nuovo Parlamento saprà fare altrettanto?

Dopo decenni di discussioni, dibattiti e convegni è giunto il momento di dare risposte ai cittadini e se non avremo risposte dal nuovo Parlamento, l’Ordine è pronto a fare da solo, dando vita autonomamente a un Giurì per l’informazione professionale.

Carlo Bartoli
Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti

Link all’articolo sul sito

Gazzetta di Parma edit Bartoli 30ago

STAMPA QUESTA PAGINA