Luchetta, Ota e D’Angelo in Bosnia con un convoglio umanitario, avevano protetto con i loro corpi un bambino di 4 anni uscito dal rifugio
L’Ordine nazionale dei giornalisti ricorda, a ventisette anni dalla strage di Mostar, i giornalisti Marco Luchetta, Alessandro Saša Ota e Dario D’Angelo. Il 28 gennaio 1994 un colpo di mortaio, violando il cessate il fuoco, uccise la troupe della sede Rai di Trieste. Era una giornata di guerra come quelle che ancora in questi giorni insanguinano l’Ucraina, in cui il cessate il fuoco viene quotidianamente violato. Marco Luchetta, Alessandro Saša Ota e Dario D’Angelo, troupe TV della sede RAI di Trieste, non era la prima volta che si avventuravano in guerra, erano preparati, attrezzati e consapevoli di dove si muovevano e in che contesti si trovavano, conoscevano la lingua e non era la prima volta che andavano a Mostar. C’erano stati nei mesi precedenti e ci erano tornati per testimoniare la tragedia dei bambini della Bosnia-Erzegovina, entrando con un convoglio umanitario, in quella zona assediata. Sono morti, colpiti da una delle granate di mortaio che in quel momento stavano violando il cessate il fuoco. Il loro ultimo gesto è stato quello di proteggere con i propri corpi la vita di Zlatko, un bambino di 4 anni che era corso loro dietro, fuori dal rifugio.