Approvato alla unanimità il documento con le proposte di riforma, voto finale previsto a luglio               

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha approvato alla unanimità il documento per la riforma dell’ordinamento professionale con particolare attenzione all’accesso. Nella riunione del 14 giugno tutti i consiglieri hanno convenuto sulla necessità e l’urgenza di ammodernare le norme che regolano la professione giornalistica ferme al 1963.  Il documento sarà  oggetto di ulteriori confronti e riflessioni da parte del Consiglio nazionale e dei presidenti e vice presidenti regionali, che potranno suggerire ulteriori modifiche  in aggiunta al lavoro di “rifinitura” che svolgerà la Commissione speciale riforma, presieduta da Riccardo Arena. Il testo finale sarà messo in votazione alla prossima riunione del  Consiglio prevista per la metà di luglio.

Il documento  propone l’istituzione di una laurea magistrale in giornalismo, in alternativa sarà richiesta una laurea triennale come requisito  per poter accedere a corsi specialistici  controllati e vigilati dall’Ordine. In un eventuale periodo transitorio potrebbero restare in vigore tutte le modalità di accesso attualmente operative. Nella proposta di  riforma viene rivisto anche il principio di esclusività della professione giornalistica, che dovrà essere “attività prevalente”.

Novità anche per gli aspiranti pubblicisti, ai quali sarà richiesta una laurea di primo livello (triennale) come requisito  per iniziare il biennio di attività  propedeutico all’iscrizione all’albo. Durante tale periodo, inoltre,  essi dovranno seguire un percorso di formazione.

Scarica il documento integrale

DOCUMENTO CNOG RIFORMA def 14giu2023

il testo del documento integrale:

PROPOSTA  DI RIFORMA DELL’ACCESSO

ALLA PROFESSIONE DI GIORNALISTA

PREMESSA

Nei sessant’anni dall’approvazione della legge istitutiva dell’Ordine, 3 febbraio 1963 n. 69, la professione giornalistica ha vissuto cambiamenti legati a una società che si è evoluta in modi complessi, sicuramente non prevedibili dal legislatore. L’apparire di nuove opportunità di informazione e comunicazione, consentite dalle tecnologie, richiede una profonda innovazione della nostra legge istitutiva.

L’iscrizione obbligatoria all’Ordine di chi esercita in forma professionale (nella fattispecie del professionismo come in quella del pubblicismo) l’attività giornalistica vuole sempre più connotare questa istituzione come garante del rispetto dei principi deontologici, a tutela del cittadino – primo utente dell’informazione – e prima ancora a sostegno della libertà e della democrazia.

L’ATTIVITÀ GIORNALISTICA AL CENTRO DELLA RIFORMA

A questa responsabilità dell’Ordine richiama qualsiasi definizione di tale attività, come peraltro interpretata da numerose sentenze della Corte di Cassazione, in particolare quelle pronunciate nel 2020 e 2021 (n.26596 e 32426, sezione Lavoro), secondo la quale “l’attività giornalistica si contraddistingue in primis per l’elemento della creatività di colui che, con opera tipicamente (anche se non esclusivamente) intellettuale, raccoglie, commenta ed elabora notizie volte a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione, ponendosi il giornalista quale mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso attraverso un messaggio (scritto, verbale, grafico o visivo), con il compito di acquisire la conoscenza dell’evento, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e confezionare il messaggio con apporto soggettivo e creativo… attraverso giornali, agenzie di stampa, emittenti radiotelevisive e, più in generale, ogni strumento idoneo ad assicurare la diffusione dell’informazione…”. E ancora: “Quanto ai criteri per la concreta individuazione dell’attività giornalistica, è stato precisato che deve trattarsi di informazione e critica su determinati avvenimenti, destinata alla generalità dei cittadini…”.

PROFESSIONISTI

Così, di fronte a un mandato di tale rilevanza, il primo obiettivo di una riforma dell’accesso alla professione dovrebbe essere quello di innalzare il livello formativo delle nuove generazioni di giornalisti, creando – in proiezione futura – un percorso principale o unico attraverso studi universitari specifici.

Stabilire se questo sia in futuro il solo canale grazie al quale accedere all’esame di Stato, che darà ancora diritto a esercitare la professione, sarà compito del legislatore. Ma è questa la via che l’Ordine vuole indicare: una laurea magistrale in Giornalismo; in alternativa una laurea, triennale o magistrale, e in aggiunta un master biennale specialistico.

In particolare il corso di laurea in Giornalismo dovrà essere organizzato in stretto raccordo tra le Università e i ministeri competenti, Istruzione (MIUR), Università (MUR), Giustizia (in quanto autorità vigilante sull’Ordine), con la diretta partecipazione dell’Ordine dei giornalisti alla ideazione, all’organizzazione e all’intero processo di gestione.

Nel caso della acquisizione di una laurea in altri indirizzi, che non siano il Giornalismo, il successivo ciclo biennale di specializzazione dovrà essere imperniato su un tirocinio teorico-pratico della durata minima di diciotto mesi nell’arco di ventiquattro, da svolgere nei diversi campi della professione e degli ambiti dell’informazione, attraverso strutture redazionali a disposizione delle Università o con strutture esterne convenzionate. Ciò al fine di acquisire competenze – tra l’altro – negli ambiti della cronaca e del linguaggio giornalistico, dell’informazione multimediale, della comunicazione digitale, delle lingue straniere e dell’analisi dei social. Un iter formativo che ovviamente non esclude il ruolo dei master e delle scuole di giornalismo. Sarà cura dell’Ordine assicurare, comunque, omogeneità tra un percorso e l’altro, secondo condizioni di pari difficoltà e obiettivi di pari qualità.

In sintesi

All’Albo del giornalismo professionale, elenco dei professionisti,  si potrà accedere superando un esame di idoneità professionale, al termine di un percorso formativo costituito dalla acquisizione di una laurea magistrale in Giornalismo o di una laurea almeno di primo livello conseguita nell’ambito dell’Unione europea in una qualsiasi disciplina (materia regolamentata dalla convenzione di Lisbona, dalla legge 148 del 2002, dalla direttiva Ue 2005/36), seguita da un corso specialistico da attuarsi attraverso forme di controllo e vigilanza da parte dell’Ordine o da un  master di giornalismo riconosciuto dall’Ordine.

Lavoro e retribuzione

La riforma mira a qualificare come professionista chi da professionista esercita, cioè chi, nel rispetto degli obblighi formativi, con le garanzie contrattuali proprie della professione, fissando come condizione prioritaria il possesso di una laurea e una formazione specifica, esercita o eserciterà attività giornalistica “in modo sistematico, continuativo e prevalente”, attività cui va collegata una “regolare e congrua retribuzione”, aggiornando così la condizione espressa dall’articolo 1 della legge istitutiva: “Sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista”.

La congruità e, in aggiunta, la dignità della retribuzione ricevuta e/o del guadagno conseguito attraverso l’attività professionale troveranno indicativamente  un loro riferimento certo in un valore stabilito secondo il minimo tabellare lordo previsto per il praticante con meno di 12 mesi di servizio, come indicato dai contratti di lavoro.

Verso la nuova legge

In attesa della riforma e dell’entrata a regime del nuovo sistema di accesso alla professione, si dovrà comunque considerare l’opportunità che il legislatore anticipi, con un provvedimento specifico, l’introduzione della necessità del possesso della laurea, triennale o magistrale, fissando pure un periodo minimo del percorso formativo, in sintonia con la futura modalità di accesso principale o unico (come detto: quinquennale).

Il quinquennio complessivo che così risulterebbe (periodo di riferimento minimo) potrà svolgersi con percorsi diversi: accesso post laurea attraverso master di livello universitario in giornalismo; la via tradizionale, sempre post laurea, dell’assunzione presso strutture editoriali e informative; la pratica professionale di fatto, svolta da laureati triennali o magistrali.

Ogni Ordine regionale è chiamato a vigilare sullo svolgimento sotto qualsiasi forma del praticantato, designando un giornalista professionista con il ruolo di tutor (esclusi i casi di assunzione presso aziende editoriali), ed erogando, in collaborazione con il Consiglio nazionale, corsi gratuiti di formazione perché venga acquisito un totale complessivo di almeno 36  crediti, di cui la metà deontologici.

A conclusione del periodo di formazione e in particolare dei 18 mesi di praticantato, il presidente dell’Ordine regionale, acquisita la relazione finale del tutor e dopo aver verificato la sussistenza e la continuità dei requisiti prescritti, rilascia la dichiarazione di compiuta pratica di cui all’attuale art. 43, comma 3, del D.P.R. 115/1965.

L’esclusività

L’attività dei giornalisti professionisti iscritti all’albo e nell’apposito elenco può non essere più esercitata in forma esclusiva, ma prevalente. Si consente quindi agli iscritti di svolgere attività diverse da quella informativa, purché non si verifichi un conflitto di interesse con la professione giornalistica e quest’ultima rimanga la principale a essere svolta.

L’esame di idoneità professionale

L’esame di idoneità professionale dovrà verificare la cultura generale del candidato e quella specifica relativa al giornalismo (norme di legge e norme deontologiche), secondo quanto già  disposto dall’articolo 32 della legge 69/1963, tenendo conto delle diverse integrazioni introdotte nel tempo, oltre a verificare la preparazione del giornalista attraverso scritti, immagini e audio sui diversi mezzi di comunicazione.

Gli ambiti da approfondire saranno quelli già individuati, in particolare: cronaca e linguaggio giornalistico; informazione multimediale; comunicazione digitale; utilizzo delle lingue straniere; analisi e impiego dei social.

PUBBLICISTI

L’articolo 1 della legge del 1963, istituendo l’Ordine dei giornalisti, ha distinto tra professionisti e pubblicisti, riconoscendo come pubblicisti coloro che “svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni e impieghi”. La distinzione, netta in termini di legge, non ha retto nel tempo alla pratica e alla affermazione di un sistema dell’informazione che si è largamente  giovato della libertà concessa nella interpretazione della legge.

Spesso si è posta la necessità del superamento di tale distinzione tra professionismo e pubblicismo, legandolo a una presunta concezione più moderna del sistema dell’informazione/ comunicazione.

Tuttavia sarebbe insensato cancellare quanto si è manifestato e consolidato in sessant’anni. Soprattutto sarebbe insensato, di fronte a una mutazione del sistema dell’informazione e della comunicazione, mutazione dettata tanto dalla innovazione tecnologica quanto da una perdurante crisi del sistema dei media, che,  lasciando intatte caratteristiche storicamente consolidate della professione, ha ridato in molti casi vitalità alla figura del pubblicista, non condizionata dalla appartenenza a una singola testata. Il riferimento è, ad esempio, al ruolo dei “collaboratori” per tanti organi di informazione locale o minore o specialistica, non solo di quanti contribuiscono sulla base di una specifica e particolare competenza.

Responsabilità dell’Ordine sarà dunque quella di garantire anche nel pubblicismo un più alto livello formativo. Si chiederà, in parziale analogia con quanto avviene per il professionismo, almeno una laurea di primo livello, condizione prioritaria. Si chiederà quindi una documentazione dell’attività pubblicistica e una dichiarazione di inizio attività, da rendere a pena di decadenza entro tre mesi dall’avvio della stessa attività, la documentazione contabile e certificata dei pagamenti ricevuti, la partecipazione ai corsi di formazione organizzati dall’Ordine di appartenenza in materia di deontologia. Al termine del percorso, della durata di due anni, il Consiglio regionale, valutata l’attività giornalistica e i relativi compensi, predispone un colloquio finale di ingresso per accertare la preparazione dell’aspirante pubblicista. Se l’esito risulterà negativo, il colloquio non potrà essere ripetuto prima di tre mesi.

PRESENTE E FUTURO DELLA RIFORMA

In conclusione, la professione giornalistica non si esercita più soltanto sui media tradizionali,  ma pure su nuove piattaforme digitali, con prodotti collettivi e individuali, comunque destinati a un organo di informazione strutturato e attraverso di esso a un pubblico indeterminato e indeterminabile, promuovendo nuove figure di lavoratori dell’informazione e della comunicazione.

Nel formulare questa proposta, che tocca tanto la figura del professionista quanto quella del pubblicista, si è cercato di tenere in conto il progressivo e per certi versi imprevedibile (basterebbe pensare al peso possibile e futuro della cosiddetta intelligenza artificiale) evolversi della figura del giornalista. La produzione giornalistica si è allargata a piattaforme, pubblicazioni e realtà tecnologiche e social che a determinate condizioni – che dovranno essere attentamente verificate dall’Ordine dei giornalisti – possono rappresentare canali di informazione professionale. Ciò in armonia con quanto evidenziato dalla Cassazione, nella citata sentenza 26596/2020, quando si parla di attività giornalistica svolta attraverso giornali, agenzie di stampa, emittenti radiotelevisive e, più in generale, ogni strumento idoneo ad assicurare la diffusione dell’informazione”.

A questo si dovrebbe guardare, fissando i punti fondamentali di una riforma e al tempo stesso lasciando aperta la strada alle future ulteriori trasformazioni.

 

Testo approvato e licenziato all’unanimità

dalla Commissione speciale Riforma

del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti

nella seduta del 13-14 giugno 2023

STAMPA QUESTA PAGINA