Incontro alla sala barberia di Palazzo Madama, focus sui punti salienti del documento                                                                                                                                                                                                              

Una rivoluzione “nella modalità d’accesso alla professione di giornalista”. Così il presidente dell’Odg Carlo Bartoli definisce in un incontro al Senato la proposta per la riforma dell’ordinamento professionale che il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha approvato all’unanimità (con una sola astensione). Un documento con il quale si individuano i punti principali per una proposta di revisione della legge 69 del 1963. Un inizio di di un percorso in quanto spetterà al Parlamento assumere le decisioni di merito. Fra le grandi coordinate della proposta uno dei capisaldi è la richiesta di una laurea sia per diventare giornalisti professionisti che pubblicisti. “Non richiedere un titolo di studio poteva avere senso nel dopo guerra, oggi non è più giustificabile – spiega Bartoli, accompagnato all’incontro presso la sala della barberia di Palazzo Madama, fra gli altri dal vicepresidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, Angelo Luigi Baiguini, la segretaria Paola Spadari e il tesoriere Gabriele Dossena; presenti i senatori Filippo Sensi e Ylenia Zambito -. Il criterio di fondo è innalzare il livello formativo”. Si propone l’istituzione di una laurea magistrale in giornalismo per l’accesso alla professione, in alternativa sarà richiesta una laurea triennale come requisito per poter partecipare a corsi specialistici controllati e vigilati dall’Ordine. In un eventuale periodo transitorio potrebbero restare in vigore tutte le modalità di accesso attualmente operative. “Al momento non c’è la laurea in giornalismo ma siamo già in contatto con diversi atenei” aggiunge Bartoli. Nel caso dell’acquisizione di una laurea in altri indirizzi, che non siano il giornalismo, il successivo ciclo biennale di specializzazione dovrà essere imperniato su un tirocinio teorico-pratico della durata minima di 18 mesi nell’arco di 24, da svolgere nei diversi campi della professione e degli ambiti dell’informazione, attraverso strutture redazionali a disposizione delle Università o con strutture esterne convenzionate.

Inoltre, fra i vari punti, l’attività giornalistica potrà essere esercitata in forma “sistematica, continuativa e prevalente”, non più in via “esclusiva” e “istituiamo anche una sorta di ‘foglio rosa’ per i pubblicisti” che dovranno essere in possesso di una laurea di primo livello (triennale) come requisito per l’iscrizione all’albo. Sarà inoltre necessaria una dichiarazione di inizio attività per il biennio propedeutico, periodo durante il quale occorrerà seguire un percorso di formazione e un colloquio finale per l’ingresso all’Ordine. “Chiediamo anche che ci sia una sorta di evoluzione di modalità di svolgimento dell’esame di idoneità professionale”, che dovrebbe aprirsi ad approfondire anche campi come cronaca e linguaggio giornalistico; informazione multimediale; comunicazione digitale; utilizzo delle lingue straniere; analisi e impiego dei social. L’obiettivo della proposta è qualificare “l’intera attività professionale in modo che sia sempre al passo coi tempi, per rendere un grande servizio ai cittadini, offrendo un contenuto solido e non rischiando di dare messaggi sbagliati all’opinione pubblica”. In un’epoca nella quale online troviamo contenuti informativi nelle forme più diverse, alternative e diffuse “ci aspettiamo che elevando il criterio minimo di accesso alla professione, anche l’attività di tanti siti si elevi. Noi poniamo le condizioni perché le dinamiche siano virtuose”. (ANSA).

 

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