Fare rete su un terreno comune che è quello di produrre cultura, con l’Università che ci mette l’appoggio scientifico, su un tema fondamentale in questo momento.

 

 

Inaugurato, con un corso di formazione a Roma, nell’Aula Magna della Sapienza, il nuovo “Osservatorio indipendente sui media contro la violenza nel linguaggio sulle donne”, frutto di un accordo di collaborazione scientifica tra il Dipartimento di psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione della Sapienza Università di Roma diretto da Fiorenzo Laghi, le Commissioni pari opportunità di Ordine nazionale dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa, Usigrai e Giulia (Giornaliste unite libere autonome), con il Dipartimento di economia, ingegneria, società e impresa dell’Università della Tuscia. Avrà il compito di monitorare ogni giorno come mediaticamente viene raccontata la violenza di genere e partirà da gennaio. Capofila della ricerca Flaminia Saccà professoressa ordinaria di sociologia dei fenomeni politici alla Sapienza, che già aveva indagato queste tematiche con il progetto Step “Stereotipo e pregiudizio. Per un cambiamento culturale nella rappresentazione di genere in ambito giudiziario, nelle forze dell’ordine e nel racconto dei media”, nell’ambito del quale erano stati analizzati 16.715 articoli di quotidiani dal 2017 al 2019 e 250 sentenze. “Da quello studio – ha spiegato la professoressa – era già emerso come la rappresentazione sociale della violenza sia sulla stampa che nei media, fino alle aule dei tribunali, sia caratterizzata dalla presenza strutturale di pregiudizi e stereotipi ricorrenti, con il risultato di una narrazione che rende la donna vittima tre volte: della violenza subita, della rappresentazione colpevole che di lei dà la stampa e spesso anche l’ambito giudiziario, con il risultato che la giustizia, troppo spesso, viene depotenziata da questa narrazione distorta”. La professoressa ha ricordato come ci sia un termine esatto: “himpathy” ,coniato dalla filosofa Kate Mann,er descrivere quello che succede “l’empatia viene rimossa dalle donne vittime di violenza e si sposta verso i loro uomini maltrattanti”. Sui media – ha continuato Saccà – si traduce in “una narrazione in soggettiva, dalla prospettiva maschile, del maltrattante”. Attraverso vari meccanismi, come omettere di definire in maniera chiara chi è la vittima e chi il responsabile della violenza o mancare di sottolineare la gravità dei reati commessi. L’Osservatorio è costituito da una cabina di regia, coordinata oltre che dalla professoressa Flaminia Saccà e da Silvia Garambois presidente di GiULiA Giornaliste, supportate da un comitato scientifico-professionale. Sarà uno strumento di monitoraggio quotidiano del racconto giornalistico della violenza di genere, avrà la durata di due anni e avrà il compito di esaminare le edizioni a stampa e online dei principali quotidiani nazionali e delle testate locali più rappresentative, con l’opzione di estendere l’analisi anche al sistema dell’informazione televisiva, digitale e social.


Nell’ultimo anno, in Italia, è stata vittima di feminicidio una donna ogni tre giorni; nella classifica per parità di genere il nostro Paese nell’ultimo anno è sceso dal 74esimo posto nel mondo al 79esimo sono questi altri dati emersi nella mattinata di confronto che ha visto anche numerose “case histories” su come la notizia di un femminicidio o uno stupro viene affrontata dalle testate giornalistiche. Le organizzazioni professionali e sindacali dei giornalisti hanno preso coscienza dell’importanza della questione come ha dimostrato la presenza di Paola Spadari Segretaria dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Vittorio Di Trapani, Presidente di FNSI, Guido D’Ubaldo Presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio “La presenza qui oggi dei vertici delle organizzazioni professionali e sindacali della categoria testimonia la massima attenzione al tema”, ha affermato Paola Spadari, Segretaria dell’Ordine nazionale, che ha aggiunto: “Le problematiche complesse si risolvono facendo rete, e noi la rete la abbiamo costruita. Non ci fermeremo”. Vittorio Di Trapani si è rivolto quindi alle studentesse e agli studenti presenti in aula “Quando chiedete un linguaggio rispettoso della parità di genere e vi rispondono evocando la presunta dittatura del politicamente corretto, voi rispondete che la preferite alla dittatura del grammaticamente scorretto. La cultura si cambia anche con le parole”. Silvia Garambois, presidente di Giulia giornaliste, che con la professoressa Saccà hanno tessuto le fila della rete, ha voluto rimarcare quanto sia fondamentale “Aver unito due linguaggi così diversi come quello dell’accademia e quello del giornalismo, nel rispetto della Costituzione, che all’articolo 21 ci obbliga a fare non solo informazione, ma buona e corretta informazione”.
L’importanza delle parole giuste e della corretta informazione è stato un concetto ricorrente anche nel panel che ha visto protagoniste, moderate da Alberto Marinelli, direttore del Dipartimento Coris della Sapienza: Elisabetta Cosci, coordinatrice della Cpo dell’Ordine dei giornalisti, Mara Pedrabissi, presidente della Commissione pari opportunità della Fnsi, Roberta Balzotti, coordinatrice Cpo Usigrai e Alessandra Mancuso, della Cpo Fnsi. La coordinatrice della Cpo dell’Ordine ha illustrato l’Articolo 5 bis del Testo unico dei doveri dei giornalisti, poche semplici indicazioni che la Commissione pari opportunità dell’Ordine volle inserire nel Testo Unico per fornire uno strumento con cui intervenire ai consigli di disciplina nel caso di apertura di procedimenti disciplinari. L’articolo era rivolto soprattutto ai colleghi e alle colleghe per capire, ove non arrivasse la sensibilità personale, cosa è lecito raccontare e mostrare quando si tratta di argomenti delicati come la violenza nei confronti di donne o di qualsiasi persona, qualunque sia la sua identità sessuale e dei parenti delle vittime di violenza e di femminicidi. Mimma Caligaris, rappresentante italiana dell’International Federation of Journalists, ha elogiato, come documento apripista contro le narrazioni tossiche, il Manifesto di Venezia per il rispetto e la parità di genere nell’informazione siglato nel 2017, i cui contenuti sono stati mutuati nella guida Unesco “Reporting on violence against women and girls” curata da Anne-Marie Impe. “Un Manifesto, non una Carta – ha sottolineato Mimma Caligaris – perché deve servire a fare formazione e cultura, non dobbiamo viverlo come una critica”. Mara Pedrabissi ha concluso con una metafora particolarmente suggestiva: quella delle rose sentinelle nei vigneti, che manifestano prima della vite, l’attacco di parassiti o malattie: “La condizione femminile è come quelle rose: ci segnala il livello di benessere di una comunità”.

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