(AGI) – Roma, 18 feb. – E’ di tre anni la condanna richiesta dalla Pm della Dda di Bari Lidia Giorgio nei confronti della mafiosa del clan Strisciuglio Monica Laera, che il 9 febbraio 2018 aggredì l’inviata speciale del TG1, Maria Grazia Mazzola, al netto dello sconto di pena del rito abbreviato chiesto dalla difesa. 

Considerati i reati contestati sarebbero stati in rito ordinario quattro anni e sei mesi. 

Viene confermata la contestazione delle lesioni, con aggravante mafiosa e minacce di morte nei confronti della giornalista. Ricostruendo i fatti avvenuti tre anni fa il magistrato ha evidenziato le caratteristiche del metodo mafioso: la gratuità dell’aggressione con il pugno incassato dall’inviata speciale del TG1, la platealità della condotta della Laera, la prepotenza e la minaccia finale che denota il controllo mafioso del territorio: “Non venire più qui che ti uccido”. Nella memoria dell’avvocata Malavenda per conto Rai e della Mazzola, l’aggressione mafiosa è paragonata a quella di Ostia subita dal collega Piervincenzi.

Nella relazione medico legale della giornalista, la dottoressa Caprioli scrive che Mazzola ha riportato microfratture trabecolari ed edema della spongiosa a carico del margine esterno del condilo mandibolare sinistro con ispessimento dei tessuti molli periarticolari, un quadro di lesioni permanenti per il gancio da pugile sferrato da Laera.  Antonio Feroleto, legale di parte civile per Stampa romana, ha sottolineato l’esemplarità del gesto della componente di primissimo piano del clan Strisciuglio Caldarola: una minaccia violenta dimostrativa per intimidire tutti i giornalisti che investigano, “colpirne una per educarne cento”. Il giudice ha rinviato l’udienza per ascoltare il secondo legale dell’ imputata Laera ed emettere la sentenza. Stampa Romana, prosegue la nota,  “continuerà a chiedere giustizia e verità per Maria Grazia Mazzola – come in questi tre anni – consapevole quanto sia fondamentale ribadire sul piano nazionale che i giornalisti nell’esercizio di un ruolo costituzionalmente riconosciuto, non si toccano: l’intimidazione, le minacce e le aggressioni fisiche sono un attentato alla democrazia”. La sentenza è attesa per il prossimo 15 aprile.

 

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