A cura di Laura Trovellesi Cesana
e Maria Annunziata Zegarelli
Il giornalista non può rinunciare alla sua funzione intellettuale di mediatore tra il fatto/notizia e la sua divulgazione, tanto più se utilizza per ore una videoripresa in uno spazio pubblico violando la privacy delle persone
Il giornalista ha sempre il diritto/dovere di raccontare i fatti che ritiene degni di rilievo purché nel farlo non calpesti i diritti fondamentali delle persone. Il proprio diritto/dovere si ferma però laddove iniziano le libertà altrui tra cui figurano la libera circolazione personale e quella relativa al trattamento dei propri dati come l’immagine o la voce. Nel caso preso in esame dal Cdn un noto quotidiano, all’indomani dell’allentamento delle misure restrittive emesse per fronteggiare il Covid, aveva effettuato una lunga ripresa video all’interno di parchi e piazze per mostrare come le persone stavano riappropriandosi degli spazi comuni. Questa decisione, difesa dal direttore del quotidiano, non è giustificabile sulla base della considerazione sostenuta secondo la quale ciò che si riprendeva era un accadimento di interesse pubblico poiché registrava lo stato delle cose all’indomani dell’allentamento delle misure restrittive durante il periodo pandemico. Di fatto quella effettuata sembra essere una vera e propria attività di videosorveglianza e non vi è traccia della fondamentale attività del giornalista di mediazione intellettuale tra il fatto/avvenimento e la sua diffusione, travalicando i confini posti dal principio dell’essenzialità dell’informazione, determinando la lesione del diritto alla privacy dei passanti e quindi un aggravamento degli effetti della notizia.
C.D.N. 13 aprile 2023, n. 9 – Presidente/relatore Elio Donno. Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia (sanzione: avvertimento).
Obbligo formativo. È sanzionabile il giornalista che non ottempera. Se il mancato assolvimento riguarda più cicli la reiterata violazione deve essere contestata nel capo di incolpazione
La formazione professionale continua dei giornalisti è un obbligo di legge (L. 148/2011 e dal DPR n.137/2012) per tutti gli iscritti all’Albo (professionisti e giornalisti) pertanto tutti i giornalisti devono osservarlo. Su richiesta dell’iscritto, è possibile ottenere dal proprio Consiglio regionale l’esonero temporaneo, quando ricorrono i soli casi previsti dal relativo Regolamento. Nel caso esaminato l’incolpato non solo non ha giustificato l’inadempimento con motivazioni riconducibili alle fattispecie contemplate, ma, in ogni caso, non aveva provveduto tempestivamente a darne comunicazione all’Ordine regionale al quale era iscritto. Il CDN, tuttavia, ha ridotto la sanzione comminata al giornalista che non aveva assolto l’obbligo formativo per più trienni in quanto la reiterata condotta non era stata contestata nell’avvio del procedimento disciplinare. La recidiva (rectius: il manifesto disconoscimento dei principi deontologici) va comunicata nel capo d’incolpazione e non è uno strumento di misurazione della sanzione. È stata prevista, infatti, nel Testo unico come fatto deontologicamente rilevante di cui tenere conto nell’avvio del procedimento e non alla fine per poi quantificare la sanzione. Inoltre, anche se la violazione deontologica del periodo 2014-16 fosse stata contestata correttamente nel capo di incolpazione, essa non avrebbe potuto trovare applicazione. Infatti, il Testo unico dei doveri del giornalista che ha introdotto la fattispecie del manifesto disconoscimento è entrato in vigore il 1° gennaio 2021. Pertanto, le norme in esso contenute non possono avere effetto retroattivo applicandole a fatti, comportamenti e sanzioni verificatisi prima di quella data.
C.D.N. 12 aprile 2023, n. 10 – Presidente e relatore Elio Donno. Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Toscana (ridotta la sanzione: dalla sospensione di due mesi alla censura).
L’atto di incolpazione ad un giornalista deve contenere una contestazione precisa e non appiattirsi ai fatti indicati nell’esposto
L’atto di incolpazione formulato dal Consiglio di disciplina territoriale nei confronti di un giornalista deve contenere una contestazione precisa e indicare le norme del Testo Unico dei doveri del giornalista che si ritengono violate. Come ha infatti ribadito anche la Corte di Cassazione l’esercizio del diritto di difesa risulta inibito da una contestazione connotata da evidenti profili di genericità, con la conseguenza che la violazione dei requisiti fondamentali della contestazione determina la nullità del provvedimento sanzionatorio irrogato (Cass.7282/14; Cass.19103/2017; Cass. 8313/2019). Nel caso preso in esame una giornalista era stata sanzionata in presenza di un campo d’incolpazione generico e indeterminato malgrado le doglianze al riguardo avanzate dalla stessa al collegio giudicante. Il Cdn ha evidenziato che un rimedio endoprocedimentale alla genericità e indeterminatezza dell’incolpazione sarebbe potuto essere una riformulazione dell’incolpazione stessa, aderente ai fatti storici e alle emergenze istruttorie a garanzia del diritto di difesa dell’incolpata e della piena autonomia giurisdizionale rimasta per l’intero procedimento appiattita unicamente sugli assunti degli esponenti, senza alcuna acquisizione di atti e/o audizione di testimoni, pure indispensabili, a riscontro delle argomentazioni proposte dagli esponenti.
C.D.N. 13 aprile 2023, n. 11 – Presidente Elio Donno. Relatore Vincenzo Quaratino. Annullata con rinvio ad altro Collegio la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Puglia.