A cura di Laura Trovellesi Cesana
e Maria Annunziata Zegarelli
Il giornalista iscritto all’Albo non può accettare condizionamenti per la pubblicazione o la soppressione di un’informazione e non può accettare incarichi che determinino conflitto di interessi con il suo incarico.
Un giornalista pubblicista non può accettare incarichi che lo pongono in contrasto con le regole deontologiche e deve aver ben chiaro il confine tra l’ambito in cui opera un ufficio stampa e l’ambito in cui operano altre figure professionali. Non può, dunque, occuparsi di vicende che riguardano altri settori, nel caso preso in esame dal Cdn, infatti, un giornalista si è interessato del settore commerciale della società per cui lavorava. Né può, nell’esercizio delle sue funzioni, esercitare pressioni presso altri colleghi per non far uscire notizie o informazioni di interesse generale perché operando in tal modo, con la sua condotta, offende la dignità professionale. Nel caso in esame un giornalista, ufficio stampa di una azienda che si occupa di rifiuti, ha cercato di conoscere il contenuto di una inchiesta che una redazione stava facendo sull’attività della suddetta società. Il giornalista ha anche proposto di comprare spazi per una campagna di sensibilizzazione sullo smaltimento dei rifiuti presso la stessa società editrice nello stesso momento in cui era in preparazione l’inchiesta. Si è dunque posto, nei fatti, come un responsabile dell’area commerciale venendo anche meno al rapporto di leale collaborazione richiesto a chiunque e a qualunque livello faccia o si occupi di informazione.
C.D.N. 15 Settembre 2021, n. 17 – Vice Presidente Laura Trovellesi Cesana – Relatrice Maria Annunziata Zegarelli. Accolto relativamente alla richiesta di riduzione della sanzione il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti del Veneto (sanzione: da radiazione a 12 mesi di sospensione).
Intervistare un minore circa una tragedia che lo ha colpito nei suoi affetti più intimi non rappresenta “una notizia”, non apporta alcun bene al minore ed è in contrasto con i principi della Carta di Treviso.
La Carta di Treviso tutela i minori e il sereno sviluppo della loro personalità. È su questo principio che si basa la tutela della loro riservatezza a cui un giornalista deve prestare sempre prioritaria attenzione. Nel caso in esame un giornalista ha chiesto ad una collaboratrice di scrivere un articolo con le dichiarazioni che un minore aveva reso alla giornalista (che non si era qualificata come tale) circa il suicidio di suo padre. Non può essere addotta come scusante la giustificazione secondo cui la decisione di mettere in pagina e quindi mandare in edicola un articolo con le dichiarazioni e il nome del minore è stata presa da un superiore nella scala gerarchica della redazione. Un giornalista, infatti, gode di una sua autonomia decisionale che deriva dal Testo Unico dei doveri del giornalista (Art 2 lettera d) “accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla deontologia professionale”.
C.D.N. 15 Settembre 2021, n. 18 – Vice Presidente/Relatrice Laura Trovellesi Cesana. Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti del Veneto (ridotta sanzione: da 9 a 2 mesi di sospensione).
Carta di Treviso. Un redattore che si interfaccia con un collaboratore non può chiedergli di intervistare un minore se ha piena consapevolezza che pubblicare quanto raccolto viola le norme deontologiche volte a tutelarlo.
Il redattore che ha rapporti con i collaboratori esterni, non può chiedere loro di contravvenire alle regole deontologiche se ha piena consapevolezza che l’indicazione impartita viene meno alle norme che il giornalista deve osservare. Il loro rispetto deve essere non solo auspicato ma soprattutto la loro violazione non può essere avallata, neanche se le condotte scorrette hanno ricevuto il benestare dei capiredattori (che ne sono ugualmente responsabili). Nel caso esaminato un redattore aveva chiesto a un collaboratore, che già aveva contattato un minore via chat senza qualificarsi, di proseguire l’interlocuzione al fine di conoscere ulteriori dettagli circa il suicidio del genitore del quale il quotidiano aveva dato conto il giorno precedente pubblicando nome, cognome e foto della vittima. Lo scambio con il minore, poi pubblicato dal quotidiano locale sotto forma di intervista, lo aveva reso immediatamente riconoscibile e individuabile e ciò in violazione delle norme alla base della Carta di Treviso. Il giornalista come prevede l’Articolo 2, lettera d), del Testo Unico “accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla deontologia professionale” e dunque al contrario di quanto sostenuto dall’incolpato non può limitarsi a “fare da tramite”.
C.D.N. 15 settembre 2021, n. 19 – Vice Presidente Laura Trovellesi Cesana – Relatrice Maria Annunziata Zegarelli. Accolto relativamente alla richiesta di riduzione della sanzione il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti del Veneto (ridotta la sanzione: da 6 a 2 mesi di sospensione).
Non può rispondere deontologicamente di un articolo commissionato e poi pubblicato chi – nella scala gerarchica redazionale – non ha materialmente e praticamente avuto alcun ruolo decisionale.
Il Cdn ha annullato la sanzione nei confronti di un giornalista che era stato sanzionato con la sospensione di 4 mesi per aver contribuito alla pubblicazione di un articolo che conteneva dichiarazioni di un minore circa il suicidio del padre. Le dichiarazioni del minore erano state raccolte da una giornalista che chattando con lui non si era qualificata come tale e poi aveva scritto un articolo con il nome del minore. Il Cdn nel corso dell’istruttoria ha verificato che quella sera in redazione il ricorrente non aveva avuto alcun ruolo nella decisione della pubblicazione né conosceva il contenuto dell’articolo in questione.
C.D.N. 15 Settembre 2021, n. 20 – Vice Presidente Laura Trovellesi Cesana – Relatrice Laura Verlicchi. Accolto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti del Veneto.
Il giornalista gode di autonomia decisionale e – pur rispondendo alla catena gerarchica redazionale – deve rifiutarsi di agire in contraddizione con le carte deontologiche e la legge sulla professione giornalistica.
Intervistare un minore senza qualificarsi per cercare di carpire informazioni circa un fatto di cronaca che coinvolge la sua famiglia è contrario alle norme deontologiche e alla Carta di Treviso che tutela i minori e la loro riservatezza. Il fatto è tanto più grave se poi le dichiarazioni raccolte in questo modo vengono pubblicate in un articolo dove non viene neanche tutelato l’anonimato del minore rendendolo identificabile. Non può, infine, essere giustificato un tale comportamento deontologica adducendo la richiesta formale dei capi servizio circa la fattura dell’articolo con le dichiarazioni del minore. Il giornalista, infatti, gode di autonomia decisionale – così come previsto dal Testo Unico dei doveri del giornalista – e può rifiutarsi di contravvenire alle carte deontologiche e alla legge che regola la professione giornalistica.
C.D.N. 15 Settembre 2021, n. 21 – Vice Presidente Laura Trovellesi Cesana – Relatrice Laura Verlicchi. Accolto relativamente alla richiesta di riduzione della sanzione il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti del Veneto (sanzione: da 2 mesi di sospensione a censura).
Sentenza penale di condanna. L’organismo disciplinare non può e non deve accertare il fatto ma valutare l’incidenza sulla reputazione dell’iscritto e sulla dignità dell’Ordine. Indubbia la dimensione pubblica della figura del giornalista.
Il Consiglio di disciplina non può e non deve operare alcun altro accertamento sul fatto verificato dal giudice penale, ma deve valutare ai sensi dell’art. 48 della Legge istitutiva, l’incidenza della situazione acclarata nella sentenza penale di condanna sulla reputazione dell’iscritto o sulla dignità dell’Ordine. La norma della L. 69/1963 consente, infatti, al giudice domestico di ponderare la sanzione da infliggere al pregiudicato, scegliendola tra il novero di quelle previste dalla legge (avvertimento, censura, sospensione da due a 12 mesi e radiazione). Nel caso esaminato, l’accertamento del fatto e della responsabilità in capo al giornalista (al quale era stata inflitta una pena per violenza sessuale a seguito di una sentenza di patteggiamento) è stato operato dall’Autorità penale mentre il giudice domestico ha ritenuto, all’esito del procedimento disciplinare, che fosse congrua la sanzione della radiazione in considerazione della gravità del reato commesso. La sanzione, infatti, dev’essere ritenuta proporzionata alla gravità del fatto commesso anche in ragione del requisito di buona condotta che dev’essere posseduto da tutti gli iscritti all’Albo, ai sensi dell’art. 31 della Legge 69/1963 e, nella fattispecie, la condotta dell’incolpato si è posta in contrasto insanabile con la figura professionale del giornalista, essendo indubbia la sua dimensione pubblica. La circostanza che il fatto delittuoso si fosse svolto in un luogo privato, come rimarcato dall’incolpato e dunque al di fuori dell’ambito professionale, non ha posto al riparo lo stesso giornalista dal danno reputazionale verificatosi in ragione dell’eclatanza mediatica assunta dalla notizia. La professione che un iscritto all’Albo incarna, soddisfa, infatti, quel diritto all’informazione, garantito dall’art. 21 della Carta, che la sentenza della Corte Costituzionale del 7 maggio 2002 n. 155 ha ribadito e finalizzato al porre il cittadino in condizione di compiere le proprie valutazioni avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e politici differenti. Si tratta di una professione che per la sua riconosciuta funzione trova declinazioni, previsioni e bilanciamenti sia nell’ordinamento sia nella giurisdizione domestica. Chi sceglie di praticarla svolge un ruolo nella società, non un mestiere che termina dopo aver svolto il proprio turno di lavoro. I riflessi di condotte private, se in ragione del loro portato, come nel caso esaminato, diventano pubbliche, producono inevitabilmente riflessi sulla reputazione di chi come il giornalista opera nella società da protagonista. Dovunque c’è un giornalista c’è un testimone credibile di un fatto. La credibilità si associa alla fiducia che i cittadini ripongono nel mediatore, tant’è che alimentare la fiducia tra la stampa e il lettore è un dovere del giornalista.
C.D.N. 15 settembre, n. 22 – Vice Presidente e relatrice Laura Trovellesi Cesana – Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia (confermata sanzione: radiazione).
Il giornalista è sempre tenuto alla verifica della notizia e alla verità dei fatti. È sanzionabile chi utilizza come fonte informativa un altro media basandosi esclusivamente sulla presunta attendibilità di quanto riportato
Il giornalista ha sempre l’obbligo della verifica dei fatti ed è pertanto sanzionabile se vi rinuncia in ragione della presunzione di ritenere quanto già pubblicato da un altro media un elemento fattuale. Nel caso esaminato, il giornalista non solo ha riportato nel suo articolo una notizia attinta da un’altra testata senza procedere ad alcuna verifica sulla fonte ma, basandosi esclusivamente sulla presunta attendibilità di quanto lì narrato, ha dedotto il fatto poi riportato nella sua cronaca. Deduzione peraltro non basata né da dichiarazioni poste tra virgolette né evincibili dall’intervista contenuta nell’articolo considerato dall’incolpato come fonte. In ogni caso, va precisato, che anche se il cronista avesse riportato dichiarazioni poste tra virgolette ciò non lo avrebbe esonerato dalla verifica. Ai fini del corretto esercizio del diritto di cronaca, il giornalista non può utilizzare come fonte informativa dei propri articoli le notizie pubblicate da altre testate senza sottoporle ad un’attenta verifica (cfr. Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 396/2020).
C.D.N. 15 settembre, n. 23 – Vice Presidente Laura Trovellesi Cesana – Relatore Massimo Duranti. Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna (confermata sanzione: avvertimento).
Obbligo formativo. Il giornalista che non ottempera è sanzionabile se non ricorrono i casi previsti per l’esonero
La formazione professionale continua è un obbligo previsto dalla Legge n. 148/2011 e dal DPR n. 137/2012 per tutti gli iscritti all’Albo (professionisti e pubblicisti). Tutti i giornalisti devono osservarlo. Nel caso esaminato le motivazioni addotte dall’incolpato – non aver mai avuto sanzioni disciplinari, non aver avuto tempo per ottemperarvi causa motivi di lavoro e aver conseguito un numero superiore ai crediti previsti negli anni successivi – non rientrano nei casi contemplati per l’esonero. Tuttavia all’incolpato che ha assolto parzialmente all’obbligo deontologico, è stata ridotta la sanzione da censura ad avvertimento in conformità con quanto previsto dalle Linee guida in materia del 06/02/2018, nelle quali viene indicata come sanzione conseguenziale ai casi di parziale adempimento l’avvertimento e non la censura, considerata nei casi di totale inosservanza del dovere di formazione.
C.D.N. 15 settembre 2021, n. 24 – Vice Presidente Laura Trovellesi Cesana – Relatore Massimo Duranti. Respinto il ricorso avverso delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti delle Marche (ridotta sanzione: da censura ad avvertimento).
Obbligo formativo. Sanzione confermata per chi non comunica preventivamente al CROG l’impossibilità a ottemperare agli obblighi formativi
Il Regolamento per la formazione professionale continua degli iscritti dell’Ordine ex art. 7 del D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137 (B.U. del Ministero della Giustizia n. 21 novembre 2020) stabilisce che il giornalista è tenuto a comunicare preventivamente al proprio Ordine di appartenenza l’impossibilità ad adempiere all’obbligo formativo nel caso in cui il cronista si ritrovi nelle condizioni per le quali è prevista l’esenzione. Nel caso esaminato l’incolpato ha provveduto ad inviare la domanda di esonero solo a seguito della comunicazione dell’avvio del procedimento disciplinare avvenuto nel 2019, e quindi, in un momento successivo alla chiusura del triennio 2014-2016 durante il quale il giornalista non aveva adempiuto all’obbligo previsto dalla Legge n. 148/2011 e dal DPR n. 137/2012 valido per tutti gli iscritti all’Albo (professionisti e pubblicisti). Inoltre i motivi addotti dall’incolpato non risultavano sufficientemente motivati. Nel caso esaminato, tuttavia, l’organismo disciplinare territoriale ha inteso applicare la sanzione dell’avvertimento per essendo conseguenziale nei casi di totale inosservanza del dovere di formazione la sanzione della censura, in conformità con quanto previsto dalle Linee guida in materia del 06/02/2018, pertanto il CDN non potendo riformare in peius le misure disciplinari irrogate dai Collegi territoriali (art. 13, Regolamento in materia di ricorsi innanzi al Consiglio di disciplina nazionale) ha dovuto conformarsi alla decisione.
C.D.N. 15 settembre, 2021, n. 25 – Vice Presidente Laura Trovellesi Cesana – Relatore Massimo Duranti. Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Sicilia (confermato avvertimento).
Diritto di difesa. Indeterminatezza e genericità del capo di incolpazione sono vizi insanabili. Gli esposti non sostituiscono l’istruttoria che il CDT deve svolgere per circostanziare le presunte violazioni
La genericità e l’indeterminatezza che caratterizzano il capo di incolpazione sono vizi procedurali insanabili dal momento che non consentono il corretto esercizio del diritto di difesa. Si tratta di motivi necessari e sufficienti per annullare la sanzione, secondo la giurisprudenza domestica, confortata peraltro dalle sentenze della Corte di Cassazione (cfr. C. Cass. Sez. Un. 2197/2005). “Quando nell’atto d’incolpazione non sono contestati i fatti come poi ritenuti e posti a base della delibera impugnata, il provvedimento sanzionatorio è nullo perché deve essere sempre garantito il diritto di difesa dell’incolpato” (Cdn n. 48/2016).
Non è sufficiente, come avvenuto nel caso esaminato, la semplice trasmissione, assieme a un generico capo di incolpazione di uno o più esposti a carico di un giornalista, per aprire un procedimento disciplinare e infliggere una sanzione. Nell’atto devono essere indicate le norme che risultano violate in riferimento ai fatti oggetto di contestazione che devono essere circostanziati. L’esposto, infatti, non può mai sostituire l’istruttoria e più esposti presentati nei confronti di uno stesso iscritto non possano essere considerati la reiterazione di una condotta che per ciò solo si considera ripetuta. (Cfr. Cdn n. 20/2019). A tal proposito, recentemente il Cdn ha evidenziato che “non può ritenersi corretta la scelta del Consiglio di disciplina territoriale di considerare gli esposti/querele come elementi costitutivi del capo di incolpazione se non valutati per lasciar emergere i fatti sui quali si ritiene di accertare la violazione deontologica (…) L’incolpato infatti deve essere messo in condizione di rispondere solo su fatti specificamente indicati” (cfr. Cdn 20/2019). Inoltre nel corso del procedimento non è stato rispettato il termine di 30 giorni per la produzione della memoria difensiva (art. 56, comma 2, della L. 69/1963). Pertanto risultando la delibera impugnata gravata da vizi non sanabili, il provvedimento è stata dichiarato nullo e rinviato al Consiglio territoriale di provenienza affinché avvii un nuovo procedimento con altro Collegio.
C.D.N. 20 settembre, 2021, n. 26 – Vice Presidente Laura Trovellesi Cesana – Relatrice Laura Verlicchi. Annullata con rinvio ad altro Collegio la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Sicilia.
Il giornalista è tenuto a fornire un’informazione completa e precisa quando tratta notizie che potrebbero generare falso allarme o alimentare un clima di intolleranza. Non può essere evocato il diritto di critica se questo si esercita senza tener conto della verità sostanziale dei fatti.
La scelta delle parole, per chi fa informazione, non è un processo neutrale e può inevitabilmente avere ripercussioni sul lettore quando punta sul fattore emotivo. Il caso preso in esame dal Cdn riguardava la notizia diffusa da un quotidiano circa la morte di una bambina in un ospedale in seguito alla contrazione della malaria. Nel titolo si associava la presenza degli immigrati alla diffusione della malattia e della povertà. Il rischio di ingenerare paure e timori infondati nei lettori è piuttosto alto se non si fornisce una informazione attenta e obiettiva su casi così delicati. Anche in passato il Consiglio di disciplina ha evidenziato che il giornalista non può rappresentare al pubblico un’informazione incompleta, imprecisa o fuorviante, specie in situazioni di tensioni ambientali, destinata in ragione di peculiari contesti, a creare o alimentare un clima di intolleranza (cfr. CDN 6/2019). Sostenere o ipotizzare o lasciar supporre che a causa di “una politica migratoria folle e suicida” possano essersi nuovamente diffuse nel nostro Paese malattie che erano state debellate facendo scivolare l’Italia “al livello dei Paesi di provenienza dei migranti” può solleticare sentimenti di intolleranza e pregiudizio verso gli immigrati. Il diritto di critica – il cui obiettivo è spesso quello di suscitare un dibattito – va considerato anche alla luce di un altro aspetto: l’elemento della verità dei fatti diventa essenziale se il diritto di critica si esercita partendo da un fatto specifico che riguarda una o più persone individuabili (anche come etnia) e che può quindi rivelarsi maggiormente lesivo per chi viene colpito dalla critica.
C.D.N. 20 Settembre 2021, n. 27 – Vice Presidente Laura Trovellesi Cesana – Relatrice Maria Annunziata Zegarelli. Respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia (confermata: censura).