A cura di Laura Trovellesi Cesana
e Maria Annunziata Zegarelli
- 6/2024 – È vietata qualsiasi forma di commistione tra pubblicità e informazione. Il giornalista, ormai tra i protagonisti dell’Infosfera, deve osservare questo obbligo e rispettare i principi deontologici in ogni sua forma di espressività evitando forme di ibridazione nell’uso delle piattaforme di comunicazione e condivisione
Le notizie alle quali il mediatore dà forma – avendone valutato l’interesse pubblico, verificato le fonti, perseguito la verità sostanziale dei fatti e restituito nel rispetto di un quadro normativo che rende individuabili le responsabilità – soddisfano il diritto dei cittadini a essere informati. Pertanto, l’informazione (e la credibilità del giornalista che la eroga) non può essere al servizio di qualsivoglia logica di marketing. Il giornalismo non è in se stesso un brand e esiste una differenza tra il giornalismo e il brand journalism o giornalismo d’impresa (attività di comunicazione integrata in grado di veicolare messaggi con finalità promozionali in forme non tradizionali e non esplicite). Il giornalista deve evitare che la sua espressività possa assumere forme di ibridazione, che contribuisce, in ragione del sistema reticolare, ad aumentare il valore reputazionale (dunque economico) dei brand coinvolti, e ciò anche in assenza di accordi tra le parti, e tale circostanza non consente il rispetto dei principi deontologici.
Nel caso esaminato l’incolpata aveva pubblicato sui propri profili social numerosi post, con chiari e espliciti riferimenti a noti brand, in ragione della sua partecipazione, in veste di inviata di una testata giornalistica, ai così definiti dalla stessa eventi aziendali (l’organizzazione dei quali comprende le spese per l’ospitalità dei giornalisti invitati) autorizzata dai suoi responsabili diretti nella gerarchia redazionale. L’incolpata, in queste circostanze, avendo agito da giornalista – e non poteva essere altrimenti perché inviata dalla propria testata – è altresì venuta meno al principio di lealtà che si deve ai lettori, nella sua declinazione di dovere di trasparenza, in mancanza tra l’altro di una chiara segnalazione circa chi aveva contribuito alla realizzazione di quel servizio non rintracciabile né nei post né nelle cronache pubblicate dalla testata.
La pubblicità è certamente una risorsa, ma la commistione tra pubblicità e informazione mina la funzione di quest’ultima. Tant’è che il dovere di tenere distinta l’informazione dalla pubblicità non impegna solo il singolo giornalista e per ogni sua forma di espressività, ma l’intero corpo redazionale nel quale è inserito, come prevede anche il contratto nazionale del lavoro giornalistico che attribuisce tra l’altro ai direttori il compito di garanti anche per quanto riguarda il rapporto tra pubblicità e informazione. Ciò impegna giornalisti ed editori a rintracciare nelle trasformazioni in atto modelli di impresa che possano garantire insieme sostenibilità economica e funzione informativa. Questo Consiglio in ragione delle responsabilità diffuse ha così convenuto di ridurre la sanzione inflitta.
C.D.N. 22 maggio 2024, n. 6 – Presidente Elio Donno – Relatrice Laura Trovellesi Cesana. Accolto parzialmente il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria (ridotta sanzione: da censura ad avvertimento).
- 6/2024-bis – Il giornalista deve rispettare i principi deontologici alla base della professione in ogni sua forma di espressività tenendo conto delle dinamiche dell’Infosfera e della funzione dell’informazione
Quanto prescritto nella lettera g) dell’art. 2 del Testo unico dei doveri (il giornalista applica i principi deontologici nell’uso di tutti gli strumenti di comunicazione, compresi i social network) impone all’iscritto all’Albo di non abbandonare l’intero bagaglio deontologico che contraddistingue la sua professione quando decide di entrare e, dunque, di prendere parte con la sua espressività – in ogni sua forma – a ciò che all’interno dell’Infosfera si sviluppa, produce e genera. Si tratta di una norma di fondamentale importanza grazie alla quale la professione giornalistica può trovare il riconoscimento della propria peculiarità nelle piattaforme di comunicazione e condivisione dove operano le più diverse soggettualità come gli influencer. Senza i contributi dei singoli, com’è noto, le piattaforme non si alimenterebbero ed è evidente, pertanto, che l’individuazione della presenza nella rete di un professionista dell’informazione dipende esclusivamente dall’operato di ciascun giornalista che sceglie liberamente di accedervi. La giurisprudenza domestica più volte nel tempo ha declinato con diverse pronunce quanto contenuto nella norma sopra indicata, ribadendo costantemente che non è né il mezzo attraverso il quale il giornalista si esprime né l’ambiente – in questo caso l’ambiente virtuale – con i propri paradigmi al quale partecipa, ad ammettere deroghe nella valutazione della condotta (cfr. ex multis CDN n. 4/2022; n. 28/2022). Non può esserci, dunque, alcuna distinzione tra l’agire da privato con account personale e l’agire come giornalista da un account della propria testata o, come nel caso esaminato, con un profilo nel quale ci si dichiara nella doppia veste di giornalista e scrittrice. Circostanza quest’ultima che – come emerso nella valutazione del ricorso – non rende chiaramente intelleggibile a chiunque acceda al profilo dell’incolpata quando quest’ultima pubblichi post in qualità di giornalista, svolgendo meramente funzione informativa, o quando dispieghi attività di autopromozione, che essendo pertinente all’ambito della comunicazione persegue finalità differenti rispetto al diritto insopprimibile del giornalista di critica e di cronaca.
C.D.N. 22 maggio 2024, n. 6 – Presidente Elio Donno – Relatrice Laura Trovellesi Cesana. Accolto parzialmente il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria (ridotta sanzione: da censura ad avvertimento).
- 7/2024 – Il giornalista è sempre tenuto a provvedere alla formazione professionale continua. Se non è iscritto nell’Albo – perché cancellato – nel momento in cui si re-iscrive deve adempiere all’obbligo della formazione
Il giornalista è sempre tenuto all’obbligo formativo. Se viene cancellato dall’Ordine dei giornalisti per sua richiesta, per mancato pagamento delle quote, o per altro motivo, nel momento in cui si iscrive di nuovo è tenuto a frequentare i corsi di formazione continua. Incorre in sanzioni disciplinari anche se la re-iscrizione avviene a pochi mesi dalla scadenza del triennio formativo, tantopiù se ci sono state proroghe per provvedere all’adempimento stesso e al raggiungimento dei crediti richiesti nell’arco temporale considerato.
C.D.N. 22 maggio 2024 – Presidente/ relatore Elio Donno. Accolto parzialmente il ricorso avverso la delibera del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti del Lazio (ridotta sanzione: avvertimento)
- 8/2024 – Inadempimento all’obbligo formativo e violazione del diritto di difesa. Il CDT deve dare conto nella delibera finale di scritti difensivi presentati dall’incolpato
La formazione professionale continua è un obbligo previsto dalla Legge n.148/2011 e dal DPR n. 137/2012 per gli iscritti all’Albo (professionisti e pubblicisti), pertanto tutti i giornalisti devono osservarlo, sebbene siano contemplate alcune esenzioni temporanee autorizzate su richiesta dai Consigli regionali nei casi previsti dall’articolo 13 del Regolamento pubblicato nel Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 21 del 15 novembre 2020. La giurisprudenza prevalente qualifica l’inadempimento agli obblighi di aggiornamento professionale come un illecito omissivo di tipo istantaneo, per cui decorso il termine, la condotta antigiuridica si è definitivamente concretizzata e non può essere in alcun modo sanata. Nel caso esaminato la decisione di annullare la delibera del Consiglio Territoriale con rinvio degli atti affinché venisse predisposto nei confronti un nuovo procedimento da un diverso Collegio è conseguente all’accertata violazione del diritto di difesa considerata la produzione di una memoria da parte dell’iscritto di cui non è stato dato alcun riscontro alcuno nella delibera conclusiva nella quale si riferiva invero dell’assenza di qualsivoglia atto difensivo.
C.D.N. 22 maggio 2024, n. 8 – Presidente Elio Donno – Relatore Vincenzo Quaratino. Annullata la delibera del Consiglio di disciplina territoriale del Veneto con rinvio degli atti allo stesso Consiglio territoriale in diversa composizione per l’avvio di un nuovo procedimento.