L’intervento del presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti
apertura della Conferenza stampa con la presidente del consiglio Giorgia Meloni presso l’aula dle gruppi parlamentari della Camera dei Deputati
Gentile Presidente, La ringrazio per essere qui con noi e di partecipare a questo tradizionale appuntamento organizzato dall’Ordine dei giornalisti e dell’Associazione della stampa parlamentare.
Abbiamo alle spalle due grandi fratture storiche: la pandemia e la guerra, con enormi riflessi sul mondo dell’informazione. Il Covid ha fatto emergere, fra mille problemi e tragedie, l’importanza di una informazione professionale. Autorevoli studi hanno dimostrato che con la pandemia è aumentata sul web la richiesta di informazioni affidabili da fonti giornalistiche e istituzionali.
Poi l’aggressione russa all’Ucraina con i lutti, il dolore e gli orrori a cui si aggiungono disinformazione e manipolazioni. E tanti giornalisti che, sul campo, rischiano la vita. I tre colleghi italiani recentemente feriti in Ucraina confermano quanto sia importante la nostra opera come argine al dilagare delle fake news, tanto che i giornalisti sono diventati bersagli di attacchi deliberati da parte di eserciti e milizie che si affrontano nei tanti campi di battaglia presenti in tutto il mondo e che non vogliono testimoni scomodi.
Ma veniamo all’informazione. Viviamo nell’era digitale. Senza disconoscere le grandi opportunità della rete, dobbiamo segnalare gli effetti distorsivi e il linciaggio digitale – senza difese, senza appello e senza possibilità di ottenere giustizia – che avviene sui social media e che viene amplificato da algoritmi che alimentano discredito, discriminazioni e linguaggi di odio.
Viviamo in un gigantesco mercato mondiale dei dati personali gestito dalle grandi piattaforme il cui fatturato è spesso superiore a quello di Stati indipendenti. Piattaforme che decidono chi può parlare e chi no. Chi è giornalista e chi no. Al di sopra degli stati e delle leggi. Sono fenomeni che pongono un problema di identità e di sovranità per l’Unione Europea e per l’Italia.
In questo quadro, l’informazione professionale assume una nuova centralità, il giornalismo è e resta una bussola in un territorio dove – solo in apparenza – tutti possono parlare ad una infinità di persone. Per questo il giornalista deve avere ancora più attenzione ai propri doveri: verifica rigorosa delle fonti, continenza nel linguaggio, accuratezza della narrazione, rispetto – sempre e comunque – per le persone. Ma ci sono criticità che non possiamo tacere.
L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di giornalisti sotto scorta per la loro attività (22), che ha avuto il maggior numero di giornalisti uccisi per il loro lavoro (30 in sessanta anni). Abbiamo il numero più alto di minacce e aggressioni contro gli operatori dell’informazione. Colgo l’occasione per ringraziare tutte le forze di polizia per il lavoro che svolgono a tutela delle colleghe dei colleghi.
Le querele bavaglio sono considerate dall’Unione Europea il principale ostacolo alla libertà di espressione. In Italia c’è un numero elevato di azioni giudiziarie di stampo intimidatorio contro i giornalisti. L’80 per cento di esse vengono archiviate o finiscono con delle assoluzioni. Da troppi anni si discute inutilmente di una legge che scoraggi le querele bavaglio. È ora di approvarla.
Certo, i giornalisti non sono infallibili e chi sbaglia deve assumersi le proprie responsabilità; ma occorrono regole nuove. Anche per un semplice richiamo disciplinare ci sono cinque gradi di giudizio, un caso unico a livello planetario. Occorre inoltre una norma che permetta agli Ordini di dare pubblicità alle sanzioni comminate senza rischiare di essere sottoposti a esorbitanti richieste risarcitorie per violazione della privacy. Chi sbaglia deve pagare, ma non accettiamo, e mi rivolgo in particolare ai cittadini che ci stanno ascoltando, che le colpe di pochi noti possano screditare l’opera preziosa di decine di migliaia di colleghe e colleghi che ai quattro angoli dell’Italia raccontano la nostra terra, le nostre vite con impegno, dedizione e scrupolo. Spesso in cambio di pochi euro a pezzo, senza nessuna tutela. Pretendiamo rispetto per il loro lavoro e lo facciamo con orgoglio. Spero che tra le tante domande che Le verranno rivolte ce ne sia almeno una sulla piaga del precariato nell’informazione.
Occorrono nuove politiche a favore del pluralismo e abbiamo apprezzato le parole del sottosegretario Barachini quando afferma che serve anche un parametro di qualità nelle politiche di sostegno all’informazione.
Un giornalismo responsabile e al passo con i tempi è indispensabile per un paese moderno, ma siamo legati ad una legge professionale che fra poco compie sessanta anni, con princìpi ancora validi ma tante norme obsolete e inadeguate. Sarebbe come se oggi tornasse improvvisamente in vigore il Codice della strada dei primi del Novecento, quando le strade erano percorse solo da biciclette e calessi.
Chiediamo al Parlamento e al governo di affrontare questi nodi ormai indifferibili e auspichiamo che Lei, nella sua veste di presidente del Consiglio, possa svolgere un autorevole ruolo a sostegno di queste esigenze.
Informazione e comunicazione sono la risorsa più preziosa del nostro tempo, l’asse portante per la costruzione del nostro futuro. Noi ci siamo, e non faremo mancare impegno e passione, nel rispetto della nostra Costituzione, che è e resterà il nostro punto di riferimento professionale, etico, civico. Per continuare ad essere al servizio dei cittadini, della democrazia, dell’Italia.
Link al video sui canali del governo