A seguito della delibera del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti del 21 giugno 2005, i praticanti, per essere ammessi agli esami di idoneità, dovranno documentare la partecipazione a corsi di formazione o preparazione teorica anche “a distanza”, della durata minima di 45 ore, promossi dal Consiglio Nazionale o dai Consigli Regionali dell’Ordine che rilasceranno la certificazione di frequenza anche ai fini dei permessi previsti dall’art. 35, lettera i) del CNLG.
La decisione, infatti, si basa sulla facoltà che la legge riconosce al Consiglio Nazionale di fissare le modalità di svolgimento del praticantato. Il corso che tradizionalmente si svolge a Fiuggi, organizzato dal Consiglio nazionale, è programmato solo nelle sessioni di aprile ed ottobre.
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di Mario Tedeschini Lalli
Già molti, molti anni fa – diciamo una ventina – c’era chi provava a dire che di fronte alla rivoluzione digitale il problema non fosse “salvare i giornali”, ma “salvare il giornalismo”, perché di tutta evidenza l’equivalenza giornalismo=giornale non reggeva più. L’equivoco ha contribuito nel tempo a rendere ancora più incerto l’esito della battaglia per “salvare il giornalismo” e ora siamo, in un certo senso, giunti a temere che perda di significato anche l’equivalenza giornalismo=giornalista.
Se non possiamo più salvare “i giornali”, possiamo ancora pensare di salvare i giornalisti, le giornaliste, nel senso della loro funzione professionale? E senza persone che fanno questo di mestiere, possiamo ancora pensare di salvare “il giornalismo”?
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