di Valeria Arnaldi
Editore: Ultra (2022), pag.174, Euro 15,00
Questo libro racconta le grandi giornaliste e fotoreporter di tutto il mondo: “combattenti dalla penna armata”, titola nella presentazione la giornalista Valeria Arnaldi, “donne eccezionali, che però rimangono eccezioni, non necessariamente per talento, ma molto frequentemente per possibilità di dimostrarlo”. Così Nellie Bly che, a poco più di vent’anni, accetta d farsi internare in manicomio, per poter raccontare in modo dettagliato le condizioni nelle quali si trovano le pazienti. Così anche Margaret Bourke-White, ribattezzata dai colleghi di “Life” Maggie l’indistruttibile, tra le principali esponenti del fotogiornalismo: era l’unica fotoreporter americana in Russia, quando fu invasa dai tedeschi; è stata la prima donna accreditata dall’esercito USA sui teatri di guerra e tra i primi a entrare a Buchenwald, il giorno dopo la liberazione. Ancora Matilde Serao per il caso dell’insegnante che, in seguito a diffamazioni, si suicidò. La giornalista avviò un’inchiesta, documentando la grave condizione delle maestre di scuola.
Con Nellie Bly, Margaret Bourke-White e Matilde Serao, Valeria Arnaldi ricorda che nella storia del giornalismo al femminile ci sono anche Margaret Fuller, Ida B.Wells, Dorothy Thompson, Lee Miller, Martha Gellhorn, Virginia Cowles, Gerda Taro, Clare Hollingworth, Ethel Lois Payne, Nancy Alene Hicks Maynard e Oriana Fallaci.
Gerda Taro, osava più di Robert Capa, per ammissione dello stesso fotoreporter, perché non si teneva al riparo dai pericoli, ma andava nel cuore delle azioni. Scrive Valeria Arnaldi: “Forse, in quanto donna, per essere accettata e rispettata, doveva andare oltre il limite della normalità”. È successo così anche a Clare Hollingworth, reporter che ha dato, per prima, la notizia dell’invasione della Polonia, da parte dell’esercito della Germania di Hitler, anticipando tanti colleghi. Martha Gellhorn fu corrispondete in Finlandia, Hong Kong, Burma, Singapore e Inghilterra, sempre con la stessa missione: “Andare a vedere”. Ricordava spesso “Seguivo la guerra ovunque riuscissi a raggiungerla”. Come reporter donna non avrebbe potuto assistere allo sbarco in Normandia; per essere presente salì su una nave, fingendo di essere un’infermiera e, poi, seguendo di nascosto le truppe. La ricerca della “Verità” la portò in Vietnam, a El Salvador e a Panama (all’età di 81 anni). Solo allo scoppio del conflitto in Bosnia, nel 1990, ammise di essere troppo in là con gli anni. Era nata nel 1908.
Virginia Cowles è passata dalla guerra civile spagnola al periodo drammatico in Europa, durante la seconda guerra mondiale. Oriana Fallaci ha attraversato con la sua penna e il suo sguardo tante guerre del Novecento, sempre in prima linea. Era in Vietnam, in Medio Oriente, nascosta con i guerriglieri Al Fatah; poi ad Haiti e a Ceylon; e ancora in Bangladesh, in occasione della terza guerra indo-pakistana; fino al conflitto in Kuwait. Oriana Fallaci indaga, analizza, raccoglie dati e fatti, con questo fine: non semplice racconto né sterile denuncia, ma desiderio di “spiegare la verità su ciò che accade”.
Il libro è incentrato soprattutto sulle “pioniere dalla penna armata”, senza arrivare alla cronaca più recente. Ma gli esempi, a proposito, non mancano. E nelle pagine in premessa al libro, l’Autrice ricorda alcune vittime sul campo. Classe 1956, Marie Colvin è stata uccisa nel 2012, mentre seguiva l’assedio di Homs, in Siria. Il suo motto era: “Non avere paura di avere paura”. Iniziò a scrivere per United Press International, diventando poi capo della redazione di Parigi, nel 1984. Successivamente scrisse per “Sunday Times” e, in trent’anni di attività, realizzò reportage e testimonianze da: Iran, Irak, Kosovo, Cecenia, Sierra Leone, Afghanistan, Sri Lanka. E in Sri Lanka perse l’occhio sinistro per l’esplosione di una granata. “Cos’è il coraggio – disse – e cos’è la spavalderia? I giornalisti che si occupano di combattimenti si assumono grandi responsabilità e affrontano scelte difficili. A volte pagano il prezzo finale”. Anna Politkovskaja, nata a New York (1958), figlia di dip0lomatici di origine ucraina, realizzò importanti servizi sulla seconda guerra cecena e sulle molteplici violazioni dei diritti umani. Il suo metodo giornalistico era semplice: “Io sono un essere umano tra i tanti, un volto nella folla di Mosca, della Cecenia, di San Pietroburgo… Io vivo la vita; e scrivo ciò che vedo”. Cinque colpi di pistola la uccisero il 7 ottobre 2006. Anna Politkovskaja, tra articoli e conferenze, ha spesso denunciato anche la mancanza di libertà dei reporter e la diffusione di un giornalismo ideologico, senza accesso alle fonti, come ha sottolineato Valeria Arnaldi.
Non aveva ancora festeggiato il suo trentatreesimo compleanno Ilaria Alpi, quando fu uccisa nel 1994, a Mogadiscio, dove si trovava come inviata del TG3. Insieme a lei perse la vita anche il cineoperatore Miran Hrovatin. Ilaria voleva conoscere contesti e situazioni, vedere oltre ogni accadimento, cercarne le ragioni.
Con più colpi di arma da fuoco alla schiena, così secondo quanto dichiarato dai medici legali, è stata assassinata, nel 2001, Maria Grazia Cutuli, nei pressi di Sarobi, sulla strada per Kabul: era inviata per il Corriere della Sera. Insieme a lei hanno trovato la morte l’inviato di El Mundo e due corrispo0ndenti della Reuters. Sto lavorando a “una storia forte”, aveva detto.
Per Valeria Arnaldi, quelle riportate in queste pagine, sono storie straordinarie di “eroine che hanno combattuto le loro battaglie armate di carta e inchiostro, foto o video, per mostrare una realtà non vista o non pienamente compresa”.