Autore: Alberto Sinigaglia

Editore: Fondazione Accademia Perosi (2019), pag.302, Euro 26,00

 

“Tra i fornitori di bellezza al mondo i musicisti sono i più completi e i più complessi: sensibilità e forte personalità, concentrazione e capacità di relazione, fantasia e matematica, architettura e oreficeria, ispirazione e senso pratico…nella memoria milioni di note…costruttori di cattedrali sonore”, così l’incipit della presentazione di questa raccolta di storie personali vissute nella musica e per la musica: da compositori come Malipiero, Berio, Nono, Stockausen a maestri come Bernstein, Giulini, Gavazzeni; dai direttori Riccardo Muti, Claudio Abbado, Lorin Maazel a interpreti come il violinista Uto Ughi. Tutti personaggi che, interrogati a fondo da Sinigaglia, rivelano atmosfere, cultura e idee di una stagione tra le più intense nella storia della musica.

Il valore di ogni pagina del libro è in queste righe della prefazione (“Vite, ritmi, algoritmi”) nelle quali è precisato che, forse, le interviste scelte offrono una galleria di figure, testimonianze e “Suoni” sufficienti per ripassare un’epoca ad alta intensità, tra pentagrammi e algoritmi, strumenti tradizionali e “live electronic”, vissuta “fortissimo”, sia nella creazione che nell’interpretazione: i passi compiuti, le frontiere aperte, il coraggio delle sue sfide. Ecco spiegato il titolo del libro, e il “segreto” delle tre “f” che, sul pentagramma indicano che l’esecuzione di quella parte dello spartito va eseguita con il massimo sforzo.

Sessantasei sono gli articoli/intervista selezionati, pubblicati su “La Stampa”, a partire dal 18 marzo 1972 (l’ultimo è datato 12 marzo 2016), suddivisi in tre gruppi: “Compositori”, “Direttori d’orchestra” e “Altri interpreti”.

Carlo Maria Giulini, intervistato da Sinigaglia, sostiene che la musica vive col suono: “Il direttore d’orchestra è l’unico musicista che crea un suono senza contatto fisico. Fa un gesto nell’aria. Da questo gesto deve uscire un suono. Quale gesto? Questo è un mistero. Ed è la sola cosa che non si può insegnare” (“La Stampa”, 22 settembre 2001). A sua volta George Prête, direttore del primo concerto dell’Auditorium Toscanini della Rai (a Torino), dichiara che essere direttore d’orchestra è “un dono”, mentre “il mestiere s’impara”. Alla domanda “Perché suona? Per chi suona?”, il pianista Alexis Weissemberg risponde così: “Credo nella vita, credo nell’essere umano, nella sua testa, nel suo cuore. Per me è importante che in ogni sala ci sia una persona, una sola che abbia bisogno di sentire musica. Non importa che voglia ascoltare me. Una persona che abbia bisogno di quella consolazione, di quell’energia in quel momento. E’ per quell’individuo che vale la pena di suonare, di spostarsi da un teatro all’altro per tutta la vita”. Un libro, questo, proprio per quelle persone, indicate da Weissemberg, che hanno bisogno “di quella consolazione, di quell’energia in quel momento”.

Alberto Sinigaglia, veneziano di Torino, giornalista a “La Stampa” è tra i fondatori del settimanale “Tuttolibri” (1975, poi diventato supplemento de “La Stampa”) e del “Giornale della Musica”(1985) che ha diretto nella fase iniziale.
Ha scritto e condotto programmi radiofonici e televisivi per la Rai. Tra i suoi scritti pubblicati: “Massimo Mila alla Scala. Scritti teatrali 1932-1989” (con Renato Garavaglia, 1992); “Scena e retroscena”, autobiografia di Gianandrea Gavazzeni (1994); “Il mio Mozart” (con Sandro Cappelletto, 2006). Ha collaborato con le Edizioni del Teatro alla Scala e del Teatro Regio di Torino. E’ presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, della Fondazione Filippo Burzio, del Consiglio scientifico della Fondazione Cesare Pavese, del Comitato dei Garanti del Polo del ‘900.

STAMPA QUESTA PAGINA