Con interventi di Agcom,  Autorità garante Privacy ed esperti di settore                                                              

Opportunità e criticità della rivoluzione digitale, su questi temi ruota la presentazione del Report 2023 dell’Osservatorio sul giornalismo digitale dell’Ordine dei giornalisti, con il patrocinio di AGCOM e Fondazione Murialdi. Il Report, presentato nella sede del Consiglio nazionale a Roma,  intende rappresentare l’ambito attuale del mondo del giornalismo e dell’informazione con l’obiettivo di indicare percorsi e tendenze che a livello globale si riverberano nell’ecosistema informativo nazionale e locale. L’obiettivo è quello di predisporsi ad una professione che necessita di  costante aggiornamento con l’acquisizione di nuove competenze e professionalità.

Antonio Rossano, giornalista e presidente dell’Associazione Media Studies, ha introdotto  e coordinato i lavori illustrando le finalità e lo scopo dell’Osservatorio che affronta da un punto di vista scientifico temi di cui si discute da anni ma che oggi stanno diventando realtà per il mondo del giornalismo.

Nel giornalismo digitale di oggi “tutto quello che elaboriamo vive in un tempo indefinito e può essere fruito in contesti, situazioni e tempi diversi. – ha affermato  il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli alla presentazione del Report 2023 – Questo comporta uno sforzo di costruzione del nostro linguaggio e pone serissimi problemi deontologici. Ad esempio per quanto riguarda il diritto all’oblio: un elemento che oggi racconto come vero con l’evoluzione dei fatti potrebbe non esserlo più”. “senza disconoscere le grandi opportunità della rete, non possiamo ignorare gli effetti distorsivi che avvengono sui social media. Viviamo in un gigantesco mercato mondiale dei dati personali gestito dalle grandi piattaforme che sfuggono, di fatto, a qualsiasi regola, perfino di natura fiscale. In questo quadro, l’informazione professionale assume una nuova importanza, il giornalismo può costituire un punto di riferimento per offrire serietà e trasparenza. Per questo il giornalista, nella nuova dimensione della comunicazione digitale, deve avere ancora più attenzione ai propri doveri: verifica rigorosa delle fonti, continenza nel linguaggio, accuratezza della narrazione, rispetto della persona”.

Le forme del giornalismo – ha proseguito il presidente del Cnog – stanno evolvendo e continueranno a mutare anche in forma che oggi non riusciamo a prevedere. Per anni l’evoluzione è stata lineare, oggi invece è discontinua, con sbalzi, accelerazioni e frenate, spinta dalle innovazioni. Per questo intendiamo portare i temi della rivoluzione digitale al centro dell’attenzione del giornalismo digitale, può sembrare scontato ma non lo è.

“La mia sensazione nel caso di ChatGPT è che l’urgenza fosse dettata dalle circostanze. –  spiega Guido Scorza del Collegio dei Garanti della Privacy – Si parla di un servizio utilizzato da 250 milioni di persone nel mondo tra cui milioni di italiani. Un servizio che è un aspirapolvere di dati personali, anche perché ho l’impressione gli si racconti anche più di quello che raccontiamo di noi nella dimensione social che è già tantissimo”. Con ChatGpt “si racconta troppo a un servizio di cui si conosce troppo poco – aggiunge – ma soprattutto quell’algoritmo è stato addestrato pescando a strascico da internet, libri e una serie di altre fonti ignote”. Una “quantità industriale di dati personali e non personali che oggi quell’algoritmo usa per fornire le risposte. Nessuno di noi della circostanza che questo sia avvenuto si è reso conto perché non siamo stati informati e a nessuno è stato chiesto se si volesse contribuire o no”. Come “posso accettare da Garante che un servizio possa far suo ciò che è privato? Quando mi si dice che questa vicenda ha dato l’impressione che l’Italia non è per l’innovazione io mi spavento – sottolinea Scorza -. Vuole dire che lo stato di dipendenza, rispetto a certi servizi è molto maggiore di quanto si pensi. L’innovazione che travolge i diritti e le libertà non è tale. Ora vediamo quello che succede. Certo le agenzie di stampa raccontano che la Germania sta per muoversi, la Francia ci sta pensando e negli Usa si potrebbe fare la stessa cosa”.

Elisa Giomi Commissaria AGCOM,  si è soffermata sulle  norme relativo al pluralismo dei media e alle varie sfaccettatura del concetto di pluralismo, concetto che va oltre il mero pluralismo di mercato. “I ricavi da soli sono un indicatore povero dello stato del pluralismo informativo. Non andrebbe interpretato solo come pluralità degli operatori di mercato ma come una pluralità empirica, cioè la capacità dei media di dare adeguata rappresentazione della natura composita della società e anche come pluralità di tipo ideologico, cioè legato alla presenza di opinioni diverse che si hanno sulle società. Oggi abbiamo delle proposte legislative molto avanzate che hanno recepito questo ragionamento. Modifiche che aprono la strada a una difesa del pluralismo più pregnante”

 Report 2023 Osservatorio per il giornalismo digitale: In Italia, nel 2022, stando ad uno studio dell’Osservatorio Digital Content del Politecnico di Milano “su una spesa complessiva per i contenuti digitali pari a 3,317 miliardi di euro, sono stati spesi per il “gaming” 1,518 miliardi, per il “video entertainment 1, 358 miliardi, per audio” (musica, podcast e audiolibri) 277 milioni e per le “news” solo 82 milioni. Sono fra i dati analizzati nel Report 2023 dell’Osservatorio per il giornalismo digitale.  Obiettivo del rapporto, spiega Antonio Rossano “è rappresentare, raccogliendo la grande quantità di autorevoli informazioni già disponibili e costantemente aggiornate, lo stato dell’arte dell’informazione nel nostro paese e non solo”. Fra i tanti temi del report, dal pluralismo alle fake news, grande spazio viene riservato anche al tema, particolarmente attuale, dell’intelligenza artificiale.

“I robot stanno per rubare il lavoro ai giornalisti? Le varie ricerche consultate e le interviste agli esperti sembrano rispondere negativamente a questa domanda”. Afferma Alessia Pizzi, giornalista, esperta di marketing e seo. “Nella realtà dei fatti l’intelligenza artificiale è usata principalmente per velocizzare i flussi delle redazioni automatizzando le operatività come le trascrizioni e le traduzioni, per creare contenuti data-driven senza abbandonare i giornalisti tra le scartoffie – aggiunge – e soprattutto per personalizzare l’esperienza dell’utente e condurlo ad abbonarsi tramite l’analisi dei comportamenti online”. Le macchine “non scrivono articoli di qualità in autonomia, e quando ci provano sbagliano. Il prezioso contributo dei giornalisti è tuttora insostituibile”. I sistemi AI “potrebbero togliere all’essere umano il lavoro che i giornalisti non vogliono fare, quello compilativo e ripetitivo, e non quello che sanno fare meglio, di analisi e di creazione”. Resta da definire “lo scenario etico e deontologico in cui tali strumenti si collocano – spiega – oltre i vari aspetti relativi alla paternità dei contenuti, il diritto d’autore e, non meno rilevante, quello della protezione dei dati personali”.

Sugli stessi temi, ma da diverse angolazioni e prospettive,  sono intervenuti  Lelio Simi giornalista e Davide Bennato,  professore Università di Catania e consulente scientifico dell’ Osservatorio, che ha illustrato la metodologia e i criteri seguiti per la realizzazione del report.

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