Buongiorno a tutte e a tutti voi che siete presenti qui a Villa Madama e a chi ci segue da casa, che soprattutto vorrà ascoltare il Presidente del Consiglio dei ministri di due governi nell’anno che si va a chiudere.
Ringrazio il Premier Giuseppe Conte per la disponibilità  ma prima di darLe la parola signor Presidente, come da consuetudine in questa conferenza di fine anno che il Cnog organizza insieme all’Associazione Stampa Parlamentare, chi Le parla ha il compito di fare il punto sullo stato dell’informazione. Rifuggendo da lamentazioni, perché la sfida della tumultuosa transizione in corso va accettata e governata, ma certamente non sottraendo a questa breve introduzione qualche sottolineatura e  qualche proposta, che si salda con la nostra idea di fungere anche da agenzia culturale nel Paese.

Le tecnologie del nostro tempo consentono  a chiunque di poter parlare da uno a tanti, prima era una prerogativa esclusiva del giornalista. Questa novità di poco più di due lustri  ha già determinato una sorta di mutazione antropologica che, nel suo essere fenomeno mondiale, ha impatti forti dal punto di vista delle potenzialità, ma anche dei rischi per l’armonia sociale e per la democrazia.

I dati dello scenario internazionale per come li stiamo osservando nel laboratorio di ricerca sui linguaggi del giornalismo che il nostro Ordine ha messo su con il dipartimento di scienze sociali dell’Università Federico II di Napoli, che ringrazio per disponibilità e professionalità, ci dicono che ormai l’intelligenza artificiale è componente essenziale dell’informazione: il 64% del mercato editoriale europeo è gestito da strumenti evoluti di automazione. Umanesimo e riequlibrio rispetto alle macchine degli algoritmi sono garantiti dalla nostra categoria che svolge un servizio pubblico e costituisce fattore essenziale per la sicurezza e l’autonomia nazionale.

E il giornalismo professionale, proprio perché in qualche modo in concorrenza, deve essere consapevole delle maggiori responsabilità che porta con sé, a cominciare dai modelli da offrire ai social piuttosto che assorbirne il linguaggio talvolta violento, preclusivo di quel dialogo che invece l’informazione ha la funzione di favorire. Questa trasformazione culturale avviene convivendo con le altre conseguenze del mutato scenario: la polverizzazione dell’offerta editoriale, le crisi e in particolare quella della carta stampata. Che va difesa come bene culturale di un Paese, anche perché ben leggendo l’articolo 21 della nostra carta fondamentale, si può cogliere che alla lungimiranza dei padri costituenti non mancò l’idea di sottolineare la libertà di espressione,  madre di tutti i diritti, da esercitare con “parola , scritto e ogni altro mezzo di diffusione” . Teorizzarono una sorta di pluralismo di piattaforme quando ancora in Italia non c’era la televisione, poi per lunghi anni in regime di monopolio. Ne discende che per continuare a garantire tale pluralismo di piattaforme lo Stato abbia un obbligo attivo di sostenere quella più in crisi, ovvero la carta stampata, portatrice peraltro della parola pensata. Abbiamo dunque apprezzato alcune aperture, e ringrazio sottosegretario Martella,  che per noi sono piccoli segnali  rispetto alla risposta complessiva da dare, come la moratoria ai tagli al sostegno all’editoria  che richiedemmo,  anche con sette secondi di improvviso silenzio, in occasione della precedente conferenza di fine anno. O come l’attenzione alla rilevante questione del giornale in classe che auspichiamo prodromica alla valutazione del tema dell’educazione all’informazione.    Ringrazio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che in più occasione ha ribadito l’importanza della libertà di stampa.

Sul tema del sostegno all’editoria c’è un caso che riguarda il Foglio, ma più che altro la logica delle regole, il loro contemperamento e la prevalenza dei principi. Lei presidente è stato abituato a incrociare nella professione forense la cosiddetta inversione dell’onere della prova e sa bene pure come sia fondamentale nel nostro ordinamento la presunzione di non colpevolezza. Sta accadendo il contrario: si bloccano i fondi in attesa della definizione di una vertenza. Riteniamo che debba esserci una sorta di inversione del principio cautelare più che giuridicamente, politicamente. Per la comunità-Paese è maggiore il rischio che si spenga per sempre una voce libera rispetto a quello di perdere cifre abissalmente lontane da quelle investite per il salvataggio delle banche. E’ una questione non tecnica ma sostanzialmente politica.

Guardando a 360 gradi lo scenario presente non va dimenticato come si sia di fronte, per le ragioni precedentemente illustrate,  ad una crisi sistemica internazionale dovuta agli stravolgenti  cambiamenti che hanno investito il mondo dell’informazione, i cui costi in Italia sono stati sostenuti  solo dai giornalisti e dal loro istituto di previdenza che non credo proprio, come pure è stato sostenuto, presenti deficit di trasparenza. Interpreto però il sentimento della categoria dicendo che, qualora ne occorra di più, saranno proprio i giornalisti i primi ad esigerla.

Sull’Inpgi sarebbe urgente un tavolo che definisca e anticipi l’allargamento della platea. Intanto, finanziando nuovi prepensionamenti, siamo ben al di là dell’omissione di intervento. Nel sistema cosiddetto a ripartizione, creando le condizioni per nuove pensioni da pagare piuttosto che quelle per il versamento di contributi, l’istituto già in difficoltà viene appesantito di un carico insostenibile. Che dire poi del nero su bianco messo nella legge di bilancio sull’obbligo di sostituire due redattori che vanno anzitempo a casa con almeno uno, che può anche non essere giornalista? Lo troviamo illegittimo e  impugneremo tale principio, così come siamo stati costretti a intervenire in Corte Costituzionale e attendiamo a gennaio l’ammissione come parte per la norma contraria ai principi della Corte Europea dei Diritti Umani che, per la diffamazione a mezzo stampa, ancora prevede il carcere ai giornalisti.

Sarebbe di maggior stile per la politica occuparsene piuttosto che lasciare la questione ai giudici. Complessivamente è necessaria una nuova legislazione per il giornalismo,  a partire dalla riforma dell’ordinamento professionale che risale al 1963 e su cui abbiamo già elaborato una proposta profondamente innovativa, che guarda al mondo digitale e punta ad avere un giornalismo aperto e al passo  con i tempi e con le nuove tecnologie.

Ringrazio chi almeno su qualche tema ci sta provando, come il senatore Primo Di Nicola il cui disegno di legge sulle iniziative giudiziarie temerarie è passato in commissione nel ramo del Parlamento cui appartiene. Giornalista intimidito con una querela infondata uguale cittadino contrastato nel suo diritto ad essere correttamente informato. Discorso che vale ancor di più illustrando i dati di  Ossigeno per l’informazione: 433 intimidazioni e minacce a giornalisti e blogger nel 2019 più di una al giorno, di cui 236  accertate e verificate.  Sono saliti a 24 i giornalisti che vivono sotto scorta.

I numeri non sono solo della finanziaria, ma anche propri di tempi e classifiche. Mi faccia chiudere signor presidente con lo sport per il quale l’anno 2020 sarà importante in quanto caratterizzato dalla Olimpiade estiva oltre che dagli europei di calcio che anche l’Italia insieme ad altre nazioni ospiterà e che costituisce la grande passione  nazionale. Proviamo a spezzare quel circolo vizioso per cui solo uno sport tira commercialmente solo di quello si parla e così gli altri pur animati da straordinari campioni sono sempre più trascurati. Il calcio è bello come dimostra la Lega dilettanti, 60 anni nei giorni scorsi, ma valori, educazione alle regole e cura della salute fisica sono propri di tante discipline. Credo che vadano raccontate sempre più ma forse qualche forma di incentivo per chi realmente lo fa sarebbe da pensare.

La ringrazio per l’attenzione signor Presidente, in questi minuti stanno scadendo i termini per la presentazione di liste in Emila Romagna e Calabria e c’è un ministro in meno nel suo Governo, avrà tante cose da dirci e i colleghi tante domande da porLe.

 

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