Dibattito partecipato all’Ordine sui temi della democrazia e dei poteri di controllo
Nel mondo occidentale c’è un rischio di autocrazia, una tendenza a mettere in discussione gli impianti fondamentali delle democrazie moderne e in particolare i soggetti di controllo e bilanciamento dei poteri, come le Corti costituzionali, le Corti supreme, la stampa e la magistratura. È stato questo il filo conduttore della presentazione del libro Storie di diritti e di democrazia La Corte costituzionale nella società di Giuliano Amato e Donatella Stasio, edito da Feltrinelli.
Il dibattito si è svolto martedì 16 gennaio presso la sede del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti a Roma, con i saluti introduttivi del presidente dell’Ordine Carlo Bartoli e la moderazione di Luigi Contu, direttore dell’Ansa. Hanno partecipato alla discussione, oltre ai due autori, Giovanni Maria Flick, Marta Cartabia e Pierferdinando Casini.
Non ha usato giri di parole Donatella Stasio, autrice con Amato del volume, che ha subito messo in evidenza la relazione fra il ruolo dei giornalisti e le funzioni delle CortI costituzionali, entrambi “cani da guardia della democrazia”, entrambi impegnati a tenere alto il legame di fiducia con i cittadini. “Il libro parla di democrazia raccontando gli anni dal 2017 al 2022 della Corte – ha affermato Stasio – C’è un rischio generale e globale di regressione democratica in Occidente, con un progressivo svuotamento dall’interno della democrazia costituzionale che si manifesta con attacchi alla indipendenza dei giudici e dei media e lo svuotamento delle funzioni del Parlamento.” Secondo la giornalista, che dal 2017 al 2022 è stata responsabile della comunicazione e portavoce della Corte costituzionale, con sei diversi presidenti, tali dinamiche possono portare verso le “autocrazie”. “Per questo – ha aggiunto – è importante che la Corte Costituzionale comunichi bene la sua attività e si faccia conoscere dai cittadini”.
Marta Cartabia, presidente emerita della Corte Costituzionale, ha sottolineato il nuovo orientamento delle Corti Costituzionali nel porre attenzione alla comunicazione anche con i nuovi canali digitali, che ormai sono entrati a far parte della nostra vita quotidiana. “Trovo non pertinente la critica rivolta da alcuni alla Corte di voler ‘cercare il consenso’, l’istituzione non ne ha bisogno. Alcuni governi nel mondo, – ha aggiunto – hanno posto dei limiti alle funzioni delle Corti Costituzionali e agli organi di garanzia allo scopo di contenerne l’indipendenza.” Cartabia cita gli esempi recenti di Turchia e Israele, soffermandosi su quest’ultimo. “Il primo antidoto a queste spinte – prosegue – è far conoscere la Corte. Il rapporto tra la Corte e l’opinione pubblica è un fattore di democrazia. Teniamo presente che le Corti costituzionali, la stampa e la comunicazione professionale sono tutti capisaldi della democrazia.”
Accurata a meticolosa la disamina de professor Giovanni Maria Flick: “comunicare e decidere, cosa viene prima?” E’ la domanda ha rilanciato agli autori. Flick si sofferma sul leit-motiv del libro, ossia la necessità della Corte di aprirsi alla società, e analizza l’impatto di alcune sue decisioni, come ad esempio, quella sul fine vita. “La Corte ha sempre avuto il limite di non invadere le valutazioni discrezionali del legislatore e, tuttavia, tale limite è stato superato in tempi più recenti quando la Corte, prima di dichiarare la incostituzionalità di una norma, l’ha segnalata con ampia motivazione e dato uno spazio di tempo al legislatore per prenderne atto. Spesso in questi casi – prosegue – il legislatore non sempre interviene o lo fa con tempi molto lunghi.” Flick conclude sottolineando come occorra considerare che la Costituzione ha affidato alla Corte non il compito di realizzare nuove leggi, ma la funzione di verificare che le leggi in vigore rientrino all’interno del perimetro costituzionale.
Anche Pierferdinando Casini ha ampliato lo sguardo alle tendenze in atto nelle società occidentali, dove, secondo il presidente emerito della Camera dei Deputati, c’è una pressione sulle Corti costituzionali che tende a mettere in discussione quei poteri soprattutto di controllo delle democrazie e si ipotizza addirittura un superamento della attuale forma democratica. “Qualcuno, anche in Europa, ipotizza la ‘democrazia dell’uomo forte’ dove soggetti come le Corti Costituzionali sono fuori posto. Serve quindi una grande mobilitazione per spiegare che la democrazia è un insieme di pesi e contrappesi che devono stare insieme”. E poi ha aggiunto: “a volte sembra che, in Italia, la Corte eserciti un ruolo di supplenza rispetto al legislatore, ma questo accade perché sta venendo meno la funzione del Parlamento che rischia di diventare un semplice passacarte.”
Per Giuliano Amato, il punto centrale è il tema della difficoltà in cui si trovano le Corti costituzionali nel nostro tempo e quindi la necessità di esse di comunicare ai cittadini. “Il compito principale delle Corti è di dichiarare illegittime le leggi varate dalle maggioranze di turno – ha affermato Amato – Le criticità sono emerse man mano che nelle società si sono affermate divisioni su temi ‘valoriali e identitari’. In Polonia e in Ungheria, ad esempio, il primo bersaglio sono state le Corti europee (la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e la Corte di Giustizia della comunità europea) portatrici dell’apertura ai nuovi diritti e vigilanti sulla corretta applicazione del diritto comunitario.” Per Giuliano Amato vi è una tendenza delle maggioranze di governo a percepirsi come “rappresentanti del popolo” mentre, al contrario, la Corti vengono viste come “nemiche del popolo”. Ai tentativi di alcuni stati di intervenire sulla composizione delle Corti costituzionali, il presidente emerito ha rimarcato che in Italia, per fortuna, la Costituzione affida la nomina dei giudici costituzionali a fonti diverse, evitando di consegnare tale compito in modo prevalente agli esecutivi.
L’autore del libro è poi tornato sul tema centrale del libro: “E’ importante che i cittadini sappiamo ciò che fa la Corte vista la rilevanza delle decisioni che essa assume. Per questo la Corte deve esser in grado di comunicare al meglio” E poi una critica ad alcuni settori della categoria: “Non tutti i giornalisti sono ‘quarto potere’, alcuni settori della stampa spesso sono fiancheggiatrici di questa o quella parte politica e propongono visioni apertamente partigiane.” Per poi tornare al ruolo centrale dell’informazione professionale: “i giornalisti – ha ribadito Amato – svolgono un ruolo fondamentale avendo la responsabilità di far comprendere bene quello che accade nel Paese e nel mondo, e quindi anche illustrare l’attività della Corte costituzionale, per il bene della democrazia e di tutta la comunità.”
Il dibattito si è svolta nella affollata sala Ocera, con ampia partecipazione di pubblico. In sala erano presenti Luigi Salvato, procuratore generale della Corte di Cassazione; Carla Garlatti, Autorità garante dell’infanzia; il colonnello dei Carabinieri Marco Aquilio, in rappresentanza del comandante generale; Il dirigente superiore della Polizia di Stato Stefano Delfini, direttore del servizio centrale analisi criminale; Alessandra Costante, segretaria generale Fnsi; Giancarlo Tartaglia, segretario della Fondazione Murialdi; il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio Guido d’Ubaldo e tante colleghe e colleghi.