Bartoli su MF in merito a inchiesta Equalize e accesso alla professione                                                                                                                                                                                                                       

 L’ex super-agente di polizia Gallo, agli arresti domiciliari, si era iscritto nel luglio 2023 all’Ordine dei giornalisti della Lombardia per avere una “copertura” aggiuntiva per le sue attività. Ci sono falle nella legge professionale per l’accesso, necessario che tutti gli iscritti all’Albo abbiamo una posizione previdenziale giornalistica attiva. 

Qui il testo e il link all’articolo del presidente nazionale dell’Ordine

Il fatto che l’ex poliziotto Carmine Gallo, attualmente agli arresti domiciliari, si sia iscritto all’Ordine dei giornalisti nel luglio del 2023 per potersi avvalere delle garanzie professionali in materia di gestione di banche dati è un fatto inquietante che non può essere derubricato a semplice incidente di percorso per i motivi che spiegherò più avanti. La ragione per cui Gallo ha chiesto di iscriversi all’Ordine è che i giornalisti godono di un regime particolare rispetto alla normativa sulla privacy al fine di poter avere archivi aggiornati da utilizzare per la realizzazione di articoli e inchieste. Con in tasca la tessera professionale, Gallo riteneva – del tutto erroneamente – di poter godere di una “copertura” per le sue attività.

Si tratta di una vicenda assolutamente inaccettabile e lesiva della dignità e dell’onore della professione giornalistica. Per questo Gallo deve essere immediatamente sospeso dall’Ordine, come stabilisce l’art.39 della legge professionale. Ho sentito il presidente dell’Ordine della Lombardia Riccardo Sorrentino che ha già avviato le procedure del caso e sta avviando verifiche su altri iscritti. Ovviamente, se gli addebiti mossi a Gallo verranno confermati in sede processuale, la sospensione non potrà che essere l’anticamera di altri e più gravi provvedimenti.

La vicenda, tuttavia, ripropone un problema serio che solo la ventennale inerzia del Parlamento ha impedito di risolvere Come è possibile che un investigatore privato possa facilmente iscriversi all’albo?  La falla sta tutta nell’impianto di una legge ferma al 1963, un’altra era geologica per il mondo dell’informazione. Con le attuali norme è sufficiente dimostrare di aver svolto un’attività minima continuativa per due anni, anche con una delle migliaia di micro testate web, è l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti è un atto dovuto.

Cerco di essere chiaro: oggi abbiamo migliaia di giornalisti pubblicisti che svolgono la professione con scrupolo e capacità, molto spesso in forma autonoma o da free lance. Sono i pubblicisti che pagano le tasse e versano i contributi previdenziali all’INPGI e che vivono di giornalismo, affrontando le difficoltà della precarietà e di una remunerazione sempre più incerta. Sono colleghe e colleghi che meritano di stare pieno titolo nell’Ordine.

l problema nasce nell’ambito di quella fascia di pubblicisti, una minoranza, che fanno altro, hanno altri interessi e non svolgono alcuna attività professionale in ambito giornalistico. La legge lo consente. Ma è altrettanto doveroso affermare che, se si vuole appartenere a un Ordine professionale, occorre svolgere l’attività in modo remunerato, continuativo e trasparente, anche se non in esclusiva. Non possono esserci più zone franche per chi ha interessi oscuri, ambigui, in contrasto con i principi del giornalismo; per non parlare di attività illecite. Non possiamo consentire che l’Ordine dei giornalisti venga usato come copertura per altre attività.

Da tempo stiamo sollecitando il Parlamento a avviare un percorso di riforma della legge professionale. La vicenda di Carmine Gallo, venuta alla ribalta grazie a MF,  certifica ancora una volta di più che c’è un’emergenza che non si vuol affrontare. Occorre inserire in legge un vincolo chiaro: per essere iscritti all’Ordine occorre avare una posizione previdenziale giornalistica attiva e versare i contributi.

Purtroppo, con le dovute e lodevoli eccezioni, devo riscontrare l’inerzia del Parlamento sulle nostre richieste. La nostra non è una battaglia corporativa, avere un giornalismo sano, qualificato, capace di stare al passo dei cambiamenti in atto non giova solo a chi svolge la professione, ma giova soprattutto al diritto dei cittadini a essere correttamente informati.

Carlo Bartoli

Link all’articolo su  MF

foto ANSA

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