Presentata dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia Riccardo Sorrentino: «L’obiettivo è lo sviluppo di una cultura giornalistica che renda più rigoroso e più solido il nostro lavoro»
«Il riferimento a Walter Tobagi non è solo il ricordo stanco di un fatto atroce, ma anche l’omaggio a un modo di intendere il giornalismo: profondo e consapevole». C’è un nome illustre e uno stile dietro la nuova iniziativa dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. È Walter Tobagi, inviato del Corriere della Sera ucciso il 28 maggio 1980 per le sue inchieste sul terrorismo rosso. Un nome da sempre presente nella storia dell’Ordine lombardo. Si intitolava a lui l’Associazione per la formazione al giornalismo, che adesso si trasforma nella Fondazione per il giornalismo Walter Tobagi, e che è stata presentata oggi alla sala Belvedere della Regione Lombardia dal presidente dell’OgL Riccardo Sorrentino.
Dopo i saluti di Marco Alparone, vicepresidente della Giunta regionale lombarda e Assessore al Bilancio, e di Marco Volpati, componente del Consiglio nazionale dell’Ordine che di Tobagi fu compagno di impegno sindacale, Sorrentino ha riassunto così gli obiettivi dell’iniziativa: «Sono chiari; e sono tanti: la diffusione nella società civile di una cultura del giornalismo e della libertà di espressione
l’offerta concreta di una formazione professionale continua di alto livello, l’elaborazione di toolbox rigorosi a disposizione dei colleghi (e del grande pubblico), lo sviluppo di una cultura giornalistica che renda più rigoroso e più solido il nostro lavoro, il sostegno alla ricerca di soluzioni economiche sostenibili per il giornalismo».
Un elenco ambizioso che spiega la scelta della forma giuridica della Fondazione. «Avevamo bisogno innanzitutto di un veicolo di diritto privato, più flessibile. Occorreva un veicolo dell’Ordine ma sganciato dall’Ordine che avesse l’ambizione di presentarsi a tutti i potenziali partner, culturali ma – perché no? – anche finanziari, come un’istituzione solida, che deve rispettare precisi vincoli finanziari e di governance, e che ha un obiettivo unitario anche se articolato: la cultura giornalistica in tutte le sue forme».
Il contesto
Il giornalismo – ha detto Sorrentino – deve oggi fronteggiare un radicale calo di fiducia del pubblico. Occorre sfuggire al rischio – che a volte ci siamo guadagnati da soli – di «associare i giornalisti al gregge dei professionisti, degli imprenditori del conflitto, che sono spesso anche i rentiers della paura, coloro che prosperano sulle preoccupazioni dei cittadini». Serve invece «un giornalismo mite, mite perché coraggioso, perché forte, solido e fondato su una solida cultura, non è un giornalismo rinunciatario, e men che meno un giornalismo ignavo. È un giornalismo che sa quel che dice, e lo dice con chiarezza, con voce ferma, ma senza aggredire, senza far paura».
La Fondazione Walter Tobagi nasce per rispondere a questo bisogno. E favorire un giornalismo che – per dirla con Ferruccio de Bortoli, intervenuto dopo il presidente dell’OGL – «abbia il coraggio di mettere la firma, di assumersi una responsabilità collettiva, in tempi in cui si diffonde l’idea che l’informazione sia un fastidio più che una necessità, e si pretende di ignorare che una collettività ben informata e consapevole è l’architrave della democrazia».
Dunque, tenere saldo il metodo, il ruolo di mediazione, la responsabilità. Rafforzare il quadro di regole e aggiornare gli strumenti tecnici, tenendo conto di esperienze ancora più aggiornate. «Ho mosso i miei primi passi professionali in un contesto in cui non c’era la minima fiducia verso il giornalismo italiano e le sue istituzioni» ha raccontato nel suo intervento Lorenzo Bagnoli, uno dei due condirettori di IrpiMedia (Investigative Reporting Project Italy), testata di giornalismo di inchiesta. «Ho vissuto i corsi di formazione dell’Ordine come un’inutile imposizione da un ente che non capiva né era interessato a cosa stessi facendo (…). Credo però che il contesto sia cambiato (…). Spero che la Fondazione possa essere un primo passo verso una visione diversa, più condivisa, del nostro mestiere. La Fondazione può essere il primo momento in cui si condividono esperienze e strumenti utili e si cerca di renderli patrimonio per tutti gli iscritti e le iscritte al nostro Ordine professionale, che deve poter finalmente inglobare tutti coloro che fanno ogni giorno questo mestiere».
Inizia un «viaggio difficile» per dirla con le parole del presidente dell’OgL Sorrentino. L’Ordine della Lombardia non può che farlo aprendosi ancora di più al contributi di altri soggetti: «Cercheremo l’aiuto di tutte le istituzioni, perché abbiamo bisogno del loro aiuto. In un’ottica non semplicemente bipartisan: è una nozione fuorviante, questa, perché non mette in rilievo il cuore della questione, la costruzione di una cultura civica comune (…). Il Comitato scientifico, che dobbiamo ora formare e che deve diventare il cervello della Fondazione, deve raccogliere il contributo delle istituzioni culturali della Lombardia».