Ordine, Sindacato, Usigrai, Associazioni e giornalisti  in piazza, davanti al Mise, contro gli attacchi di alcuni esponenti del governo al pluralismo dell’informazione e per difendere i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione. nel giorno della convocazione del ministro Di Maio. «Non potevamo accettare, perché senza rispetto e legittimazione reciproca non ci si può sedere al tavolo», è la risposta dei rappresentanti della categoria.

Il presidente del Cnog, Carlo Verna, rivolgendosi al ministro ha ricordato che “Il giornalismo è per i governati non per i governanti. Caro ministro Di Maio, lei rappresenta il potere, di conseguenza deve cortesemente soggiacere alle regole della democrazia di cui l’informazione è un organo di controllo. I tagli lineari prospettati minacciano l’informazione al servizio dei cittadini. Non ha senso sedersi a un tavolo con chi dà i numeri senza voler fare un ragionamento critico. Per dirla in slang, ‘cca nisciuno è fesso’».

Il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso ha affermato: «Il ministro di Maio ci ha convocato per oggi al Mise e noi siamo oggi davanti al ministero a ribadire il nostro no al precariato e il nostro sì al pluralismo dell’informazione. Ci è stato detto che si sarebbe parlato di equo compenso e precari, ma come si può parlare di lotta al precariato con chi lavora a interventi che creeranno più disoccupazione e più precariato? Interventi che costeranno il posto di lavoro a mille colleghi?»

«Se si convocano parti definite in precedenza ‘sciacalli’ e altro, prima bisogna fare un passo indietro, chiedere scusa, soprattutto a quei colleghi che sono pronti a mettersi a rischio pur di non rinunciare a informare. Senza rispetto e legittimazione reciproca, non ci si può sedere al tavolo. Serve innanzitutto rispetto per la categoria, senza quello ci sarebbe una sottomissione da parte nostra, ma noi non abbassiamo la testa davanti a nessuno» ha aggiunti  Lorusso.

In piazza anche i redattori di Radio Radicale, del Messaggero di sant’Antonio, del Manifesto e di Avvenire, il segretario dell’Ordine nazionale dei giornalisti Guido D’Ubaldo,  l’Usigrai e i giornalisti delle reti e delle testate che lavorano in Rai senza avere il ‘giusto contratto’, rappresentanti dei giornali editi da cooperative o delle minoranze linguistiche che rischiano la chiusura con il paventato taglio dei fondo per l’editoria, colleghi precari e autonomi, alcuni cronisti e croniste minacciati per via del loro lavoro, come Stefano Andreone e Federica Angeli, costretta a vivere sotto scorta per le sue inchieste sulle infiltrazioni della criminalità sul litorale romano.

«Dobbiamo dire grazie al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che per ben sette volte nel giro di poche settimane ha sentito il bisogno di intervenire in difesa della libertà di stampa, segnale – conclude il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti – che evidentemente qualcosa non va. Questo sindacato e questo Ordine sono compatti e, uniti, ribadiscono al ministro e al governo che noi non trattiamo con chi insulta i giornalisti e vuole aumentare precari e disoccupati. Perché gli interventi annunciati non colpiscono i grandi giornali, ma le piccole realtà e questo significa spegnere voci preziose per la libertà di informazione. Dico con il rispetto che si deve alle istituzioni che si può essere critici e manifestare dissenso anche senza usare parole come ‘puttane’ e ‘sciacalli’. Non si offende e si minaccia e poi si chiede una trattativa. Per questo noi oggi siamo in strada e non al tavolo del governo. E per questo la nostra protesta non si fermerà certo qui».

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