Il futuro delle agenzie di stampa nell’incalzare delle tecnologie è il titolo del convegno che si è tenuto a Torino, presso il Memoriale Cavour, in occasione dei 170 anni della prima agenzia di stampa in Italia. Il 26 gennaio 1853, il veneziano Guglielmo Stefani – direttore della Gazzetta ufficiale del Regno di Sardegna – apriva a Torino la prima agenzia di stampa in Italia. L’impulso era venuto da Camillo Benso conte di Cavour. Egli stesso giornalista, aveva ben compreso l’importanza strategica dell’informazione in un mondo che il telegrafo, le ferrovie e i piroscafi stavano rapidamente rendendo interconnesso.
L’evento è stato organizzato dall’Ordine dei Giornalisti del Piemonte e dalla Fondazione Filippo Burzio, in collaborazione con la Fondazione Cavour di Santena.
Dopo i saluti di Marco Boglione presidente della Fondazione Cavour di Santena e di Alberto Sinigaglia, giornalista e presidente della Fondazione Filippo Burzio, è intervenuto Stefano Tallia, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, che ha ricordato come «Le agenzie di stampa sono state costrette a cambiare il loro modo di lavorare per continuare a svolgere la funzione primaria che ricoprono all’interno del mercato editoriale. Abbiamo bisogno di gettare un ponte sul futuro e abbiamo bisogno che i temi del giornalismo tornino a essere discussi all’interno del dibattito pubblico, perché riguardano il funzionamento della nostra democrazia.- ha aggiunto Tallia- Talvolta c’è purtroppo una certa distrazione, dimostrata anche dal parlamento, che in 60 anni non ha messo mano a una legge ormai superata. L’Ordine ha dato delle risposte ma non può essere sufficiente, ha bisogno di interventi legislativi che poggino sull’analisi e sulla lettura della realtà. Si deve ragionare sugli sviluppi nella società e nella professione delle nuove tecnologie, ma abbiamo anche bisogno di strumenti per interpretare la realtà».
A prendere la parola è stato quindi il sociologo e studioso di media Derrick De Kerckhove, che ha posto l’attenzione in particolare sull’importanza del linguaggio: «Il rapporto tra umano e tecnologia sta cambiando. Come suggerisce Yuval Harari la lingua è il principale sistema operativo di una comunità. Attraverso la lingua si stabiliscono le regole di comportamento e molte altre cose. Noi tutti stiamo perdendo il controllo del linguaggio, il controllo della parola e se non possiamo più contare su questo, allora il giornalismo soffre. La risposta è quella di riconoscere il problema, difendere il linguaggio come è stato difeso l’italiano, difendere la conoscenza e prendere coscienza del problema con l’educazione».
Giannetto Baldi, caporedattore Ansa, ha risposto alla domanda che ha dato il titolo al convegno: «Noi agenzie crediamo che ci sia un futuro. Le agenzie continueranno a essere centrali in futuro nella comunicazione integrata. Qualche anno fa c’erano timori per il nostro futuro, con l’avvento di internet e dei social, ma ora siamo certi che anche se cambia il modo di fare giornalismo, la funzione è sempre quella. Con la crisi di dieci anni fa ci siamo messi al passo con i tempi, ma soprattutto siamo stati premiati dal fare informazione in modo certificato. Con il Covid si è reso evidente il ruolo centrale delle agenzie, perché di fronte a una crisi planetaria, trovare luoghi con un’informazione più ragionata, tempestiva e accreditata nel riportare informazioni essenziali è stato fondamentale. Per il futuro, tra le altre iniziative, stiamo costruendo una piattaforma integrata per far dialogare i nostri archivi di immagini e notizie, ma dietro a questa innovazione ci sarà sempre un giornalista che racconterà una storia».
Paolo Borrometi, condirettore di Agi, ha integrato: «Credo che il futuro e presente delle agenzie si intersechi con il giornalismo più in generale. Le agenzie sono la fonte di informazione primaria ma abbiamo visto come in tempi di Covid e di eventi come la guerra, nelle situazioni di crisi in genere, risalta l’importanza del ruolo delle agenzie, per un motivo fondamentale: perché i costi altissimi che abbiamo sono anche per essere sempre presenti e garantire un’informazione internazionale. Il vero impegno oggi per le agenzie è cercare di mettere insieme il glorioso passato con presente e futuro, non dimenticando mai il valore del take ma ampliando. Le nuove tecnologie sono infatti fondamentali se sono al servizio del giornalismo e non il contrario. Io credo che la democrazia si misuri sul livello dell’informazione che c’è in un Paese. Cosa direbbero oggi dei cambiamenti tecnologici i padri delle agenzie? Bisogna certamente rimanere al passo con i tempi, ma dobbiamo ammettere anche che l’informazione cambia e noi dobbiamo mettere sempre al centro la nostra missione, che in definitiva è quella dell’Articolo 21 della Costituzione».
Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, riferendosi al sessantesimo della legge istitutiva dell’Ordine ha ribadito: «Non siamo qui per “festeggiare” ma per ricordare. Dobbiamo salvare i valori e cambiare la legge o – con un chiasmo – dobbiamo cambiare la legge per salvare i valori. Possiamo continuare a esercitarci a produrre bozze innovative di trasformazione della nostra professione, ma la verità è che siamo a un bivio: vogliamo cambiare e imboccare la strada della trasformazione oppure quella della conservazione? Dobbiamo essere chiari con noi stessi. Il giornalista ha delle responsabilità; ha anche dei privilegi, ma non ne può abusare, noi per primi dobbiamo difendere la libertà, dagli altri ma anche da noi stessi, affinché a essere difeso sia il giornalismo stesso. Concludo dicendo che per far sopravvivere la professione all’algoritmo serve un continuo aggiornamento e soprattutto l’etica, che la macchina non avrà mai. È importante, perché in ballo c’è il futuro della democrazia».