Passi avanti ma restano preoccupazioni. Italia adegui tutele giornalisti agli standard europei                                            

BRUXELLES (Ansa Europa) – “Sebbene in alcuni Stati membri dell’Ue permangano preoccupazioni relative allo stato di diritto, il rapporto è diventato un motore fondamentale per il cambiamento e le riforme positive: il 65% delle raccomandazioni dell’anno scorso sono state affrontate in tutto o in parte“. Lo fa sapere la Commissione Europea presentando il rapporto  sullo Stato di Diritto nell’Unione 2023. “Ciò dimostra che ci sono importanti sforzi per dare seguito alle raccomandazioni: dato che le riforme per migliorare il quadro richiedono tempo, ciò riflette uno sviluppo significativo nell’arco di un solo anno. Allo stesso tempo, permangono preoccupazioni sistemiche in alcuni Stati membri“.

In Italia sono stati compiuti “progressi significativi” per quanto riguarda la digitalizzazione del sistema giudiziario, in particolare nel campo della giustizia civile. Il Rapporto sullo Stato di diritto del 2022 raccomandava all’Italia di “proseguire gli sforzi per migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione del sistema giudiziario, in particolare per i tribunali e le procure penali”.

L’Ue chiede all’Italia di “proseguire il processo legislativo per riformare e introdurre garanzie per il regime di diffamazione, la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, tenendo conto degli standard europei sulla protezione dei giornalisti“. Inoltre è necessario “proseguire gli sforzi per creare un’istituzione nazionale per i diritti umani, tenendo conto dei Principi di Parigi delle Nazioni Unite”.

“Sono stati compiuti alcuni progressi nell’adozione di una legislazione completa sui conflitti di interesse”, si legge. “Il Rapporto sullo Stato di diritto del 2022 ha raccomandato all’Italia di adottare norme complete sul conflitto di interessi: gli sforzi precedenti per adottare una legislazione completa sui conflitti di interesse per i titolari di cariche politiche, compresi i parlamentari, si sono arenati nel corso degli anni”.

Nel rapporto l’Ue sprona però l’Italia ad “adottare norme complete sui conflitti di interesse e sulla regolamentazione delle attività di lobbying per istituire un registro operativo delle attività di lobbying, compresa un’impronta legislativa”. L’Ue chiede poi a Roma di “affrontare in modo efficace e rapido la pratica di incanalare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche e introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sui finanziamenti ai partiti e alle campagne elettorali”.

Malgrado gli impegni assunti nell’ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) relativi a determinati aspetti del sistema giudiziario, in Polonia “permangono gravi preoccupazioni in merito all’indipendenza della magistratura”, si legge nel rapporto annuale. Le riforme in materia di giustizia, al centro di una lunga controversia con Bruxelles, sono necessarie allo sblocco dei fondi europei per la ripresa destinati a Varsavia, pari a circa 36 miliardi di euro.

La Commissione rileva l’adozione da parte di Varsavia di una legislazione volta ad “aumentare gli standard di alcuni aspetti dell’indipendenza della magistratura” e l’impegno ad “un’ulteriore riforma del regime disciplinare dei giudici”, ma sottolinea le “gravi preoccupazioni relative all’indipendenza del Consiglio nazionale della magistratura”. “Vi sono anche seri dubbi sulla conformità di un certo numero di giudici della Corte Suprema al requisito di un tribunale precostituito per legge”, osserva ancora palazzo Berlaymont, evidenziando che “alcuni magistrati continuano a essere oggetto di indagini e procedimenti disciplinari e trasferimenti forzati”. L’esecutivo comunitario ricorda il deferimento della Polonia alla Corte di giustizia dell’Unione “per violazioni del diritto dell’Ue da parte del Tribunale costituzionale e della sua giurisprudenza”. Nonostante l’adozione di “alcuni provvedimenti per garantire l’indipendenza funzionale della procura dal governo”, le funzioni del ministro della Giustizia e del procuratore generale “non sono ancora state separate”.

La legge che istituisce una commissione di inchiesta sull’influenza russa in Polonia, inoltre, “desta serie preoccupazioni e ha innescato modifiche”. La legge, contro cui l’Ue ha avviato una procedura d’infrazione, consente alla commissione d’inchiesta di bandire dai pubblici uffici persone ritenute agenti dell’influenza russa. Per i detrattori la legge, nota come ‘lex Tusk’, sarebbe stata ideata nel contesto delle elezioni politiche di autunno prossimo per colpire il principale leader d’opposizione, l’ex premier polacco Donald Tusk.

Il congelamento dei fondi europei di coesione e per la ripresa deciso dall’Ue nei confronti dell’Ungheria inizia a dispiegare i suoi effetti nel Paese, dove si registrano alcuni progressi nel sistema giudiziario, ma il quadro complessivo resta molto critico sotto diversi profili, dalla lotta alla corruzione al pluralismo dei media. L’esecutivo europeo rileva come siano state “adottate delle riforme legislative volte a dare seguito alle raccomandazioni in materia di giustizia” contenute nel rapporto precedente e nelle diverse procedure attivate nei confronti di Budapest. Tuttavia, “le campagne diffamatorie continuano a esercitare un’indebita pressione sui giudici, compromettendo la loro libertà di espressione”, denuncia il rapporto, in cui si sottolinea come il livello di indipendenza giudiziaria percepita nel Paese sia diminuito tra il pubblico in generale e continui a essere basso tra le imprese.

Per quanto riguarda la corruzione, malgrado Budapest “stia introducendo una serie di riforme” in materia “in risposta al meccanismo di condizionalità dell’Ue”, “la mancanza di un solido track record di indagini sulle accuse di corruzione riguardanti funzionari di alto livello e la loro stretta cerchia resta una seria preoccupazione”. “Nessun progresso” è stato registrato sul fronte della libertà dei media: secondo il Media Pluralism Monitor di quest’anno, l’Ungheria, insieme a Polonia, Bulgaria e Romania, è considerata un paese “ad altissimo rischio”.

In particolare, il rapporto fa riferimento alle campagne diffamatorie” e alla “diffusione di spyware contro alcuni giornalisti investigativi e professionisti dei media”, aspetti che restano “motivo di grave preoccupazione”. Nel mirino della Commissione finiscono anche “l’ampio e prolungato uso dei poteri di emergenza del governo” che ha finito per minare la certezza del diritto, nonché “l’inefficace attuazione da parte delle autorità statali delle sentenze dei tribunali europei” che resta “fonte di preoccupazione”. Nessun progresso, infine, è stato registrato né per riformare le attività di lobby e le porte girevoli, né per rimuovere gli ostacoli che gravano sulle organizzazioni della società civile, che resta “sotto pressione”.

Il portavoce del premier ungherese Zoltan Kovacs ha affermato su Twitter che “l’Ungheria è sotto attacco” perché non aderisce “al gruppo favorevole alla guerra”. “Non vogliamo ghetti di migranti, ci rifiutiamo di abolire il programma di riduzione dei costi delle utenze”, ha scritto il portavoce dopo la pubblicazione del report. La relazione “attacca l’Ungheria” confermando come “la pressione continua” nonostante Budapest abbia “rispettato tutti gli impegni” assunti con la Commissione europea, ha dichiarato il portavoce.

Sulle violenze registrate nel corso delle violenze in Francia il commissario Reynders ha detto che la Commissione esamina “anche come vengono esercitati i diversi diritti nel Paese”. “Le persone possono esercitare il diritto di protestare, ma questo non dà loro il diritto di saccheggiare o danneggiare beni pubblici o proprietà pubbliche”, notando tuttavia che l’esecutivo Ue è preoccupato “per il modo in cui le forze dell’ordine a volte usano la forza”. (Ansa Europa)

 

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